Kappa

di Michele Grigato
kappa

Kappa, classe 70-80. Appassionata di emozioni. Coach entusiasta.

Michele: Ciao kappa, mi racconti un po’ di Te?  Cosa fai? I tuoi studi, hobby ecc …

Kappa: Ciao Michele, sono kappa, laureata in scienze della formazione, da sempre appassionata di Risorse Umane e coaching. Lavoro in un Ufficio HR e parallelamente ho deciso di intraprendere l’attività di Coach. Nel tempo libero coltivo i miei principali hobby che sono la lettura e lo sport. Sono nata in Veneto, negli anni Settanta.

Michele: Da dove nasce la tua passione per il mondo delle Risorse Umane?

Kappa: Credo sia dentro di me da molto tempo. Ricordo che da adolescente, quando facevo le scuole superiori, leggevo spesso riviste sulla selezione del personale, ero affascinata dal fatto che ci fosse una professione che riuscisse a cercare e trovare per una certa azienda, la persona giusta al momento giusto; che, unita al concetto, di aiutare concretamente gli altri nella ricerca di un lavoro, rappresentava per me una missione molto importante e un lavoro gratificante.

Questa visione, negli anni, mi ha dato la giusta energia e caparbietà per approfondire la mansione come addetta alla selezione del personale.

Michele: Quando ci siamo sentiti su LinkedIn e poi anche telefonicamente, mi hai detto di aver dato una tesi sul Mobbing in ambito lavorativo. Da dove nasce la tua curiosità per questo specifico argomento?

Kappa: È un argomento che mi ha incuriosita quasi per caso. Da studentessa universitaria ero ovviamente ignorante del sistema azienda e di tutto quello che potesse girarci attorno. Così, al momento di scegliere un tema specifico per la mia tesi di laurea, volevo differenziarmi dalla massa e credevo in tutta sincerità che scegliendo il mobbing mi avrebbe dato qualche punto in più sul voto finale. Così, ho iniziato leggendo qualche articolo e mi sono accorta che in Italia non c’era molta conoscenza, tanto più che per la bibliografia ho dovuto fare riferimento a testi principalmente in lingua tedesca. Nel frattempo, mi sono iscritta all’associazione “Prima” – Associazione Italiana contro il Mobbing, in modo da approfondire i vari aspetti e incontrare realmente persone che hanno toccato con mano questo fenomeno. Mi sono accorta che nell’ateneo ero l’unica ad aver scelto quel tema ed ho capito che era la strada giusta da percorrere. Sono riuscita a raccogliere molte informazioni anche grazie alla partecipazione ad un MGroup, incontri dove ti insegnano ad affrontare esperienze di mobbing attraverso gruppi di auto-aiuto e autodifesa verbale. Ho seguito le attività promosse dall’associazione e dal Dott. Harald Ege, psicologo esperto di conflitti interpersonali e lavorativi.

Michele: Come si intitolava la tua tesi di laurea?

Kappa: Ho deciso di chiamarla: “Mobbing, perdere sé stessi sul lavoro, proposte formative”.

Michele: Molto particolare, complimenti per la scelta. Ti ho contatto perché, come sai, sto raccogliendo testimonianze reali di esperienze di mobbing nei luoghi di lavoro, ti va di raccontarmi la tua storia?

Kappa: Certo Michele. Non sono sicura si possa proprio parlare di mobbing, forse in parte, nel senso che la definirei di più un’esperienza di bossing.

Michele: Scusami l’ignoranza, ma fino ad oggi nelle interviste mi è capitato di incontrare termini come mobbing e straining, cos’è il bossing?

Kappa: Il bossing è un tipo di mobbing messo in atto da un soggetto di grado superiore al tuo, non un pari grado come potrebbe essere un tuo collega. Tutto questo è iniziato a causa di un’iniziativa che ho intrapreso nell’azienda dove lavoro oggi in quanto, lavorando nell’ufficio Risorse Umane, ho portato alla luce degli episodi di mobbing subiti da colleghi. Purtroppo, questa azione mi si è ritorta contro e nello specifico, due persone coinvolte l’hanno utilizzata come pretesto per farmi fuori.

Michele: In che senso Kappa, che è successo?

Kappa: Improvvisamente nell’organizzazione non c’era più posto per me. Non della mia mansione, ma proprio di me. Era un’azione mirata, personale.

Michele: E quindi che è successo?

Kappa: Mi hanno proposto un cambio mansione, proponendomi però ruoli non completamente in linea con il mio profilo e che per certi versi rappresentavano un passo indietro per me. In passato avevo già ricoperto quelle mansioni e sapevo che significava un vero e proprio demansionamento, rispetto a quello che per anni avevo apportato in azienda. Così, ho temporeggiato.

Michele: Simpatico questo tuo Responsabile. Alla fine, come è andata?

Kappa: Dopo vari rimandi, all’incontro ci troviamo Io, Lui e inaspettatamente altri due Responsabili e capisco subito che le cose, per me, non si stavano mettendo bene. Iniziano a parlare di una mia valutazione negativa, come a giustificare la situazione.

Michele: In che senso a fronte di una “valutazione negativa”?

Kappa: Era tutto un trucco per giustificare il fatto che volevano farmi fuori, in realtà non esisteva nessuna “valutazione negativa”, anzi, negli anni mi sono sempre spesa con tutte le mie capacità e con tutta la passione che ho, nelle mansioni ricoperte. A quel punto, non ce l’ho più fatta ed ho lasciato parlare l’orgoglio. Ero arrivata a quell’incontro per farmi licenziare. Gli ho detto quello che meritavano e che avrei valutato il da farsi, cercando di prendere tempo. Lui, il Responsabile, mi ha risposto freddamente: “ma chi ti credi di essere, pensi di fare come vuoi tu?  Non funziona così”.

Il giorno dopo, ho avuto un crollo psico-fisico e ho preso malattia. Ho cercato poi di fissare un altro incontro con Lui chiedendo più volte la sua disponibilità, ma ha cercato di non farsi trovare, fino a quando abbiamo accordato un breve appuntamento, ma non sapevo che, nel frattempo, era successo anche qualcos’altro.

Michele: Cosa?

Kappa: Inizia l’incontro e le dico in modo molto trasparente: “so che mi volete fare fuori perciò licenziatemi, entro in disoccupazione e me ne vado!

Michele: E Lui, cosa ti ha risposto?

Kappa: Non crederai alle tue orecchie. Mi ha detto testuali parole: “Possiamo resettare tutto? Ti chiedo scusa e mi dispiace per quello che è successo, l’azienda vuole fare retromarcia e non vuole più rinunciare a te. Mi dice anzi: “pensa ad un ruolo che ti piacerebbe ricoprire”. Il motivo per cui mi dice questo è che era intervenuta una persona importante in mia difesa, una persona che mi conosce molto bene.

Michele: Ha ritrattato tutto insomma?

Kappa: Sì, così ho deciso di rimanere, ma dentro di me sapevo già che sarebbe stata una situazione temporanea, era da un po’ che mi guardavo intorno mandando curriculum in giro.

Michele: Mi hai detto che avevi anche un piano B, giusto?

Kappa: Sì, il mio piano B, consiste nell’occuparmi di Coaching e gestione delle emozioni. Ovviamente in parallelo al lavoro che faccio tutt’ora, la mia idea iniziale era di chiedere un part time e piano piano introdurre questa nuova professione. Contemporaneamente continuo i miei studi ed inizio ad approfondire anche la gestione delle emozioni, attraverso incontri formativi che, in futuro, vorrei tenere nelle scuole e privatamente con le persone. Magicamente sta diventando il mio piano A!

Michele: Quindi alla fine sei rimasta per scelta.

Kappa: Come dicevo prima, è una cosa temporanea. Il Coaching è collegato al mio passato nelle Risorse Umane, sarà il mio vero talento, quello che sto cercando da anni. La batosta che ho preso ha contribuito paradossalmente a darmi la spinta per cercare dentro di me le risposte che volevo. Non è un momento facile, spesso andare al lavoro mi dà la nausea, ho capito che per me cambiare lavoro, è svoltare di netto.

Michele: Come vivi oggi questa situazione?

Kappa: Ho capito il cambio repentino di atteggiamento nei miei confronti, ho scoperto quello che non sapevo prima dell’ultimo incontro.

Michele: Cosa hai imparato da questa esperienza?

Kappa: Di me ho capito che devo imparare a difendermi di più, e che sono più forte di quello che penso. Ho avuto la conferma che dal negativo può nascere qualcosa di positivo. Inoltre, ho scoperto che posso trasformare la rabbia in energia, che non devo bloccarla, basta gestirla meglio e sfruttarla a proprio favore. Questo vale per tutte le emozioni che avvertiamo. L’esperienza mi ha avvicinato alla parte più intima di me, mi ha ridato fiducia e nuova consapevolezza.

Michele: Un percorso bello tosto direi. Cosa ti piacerebbe fare in futuro?

Kappa: Mi vedo come consulente nell’area risorse umane, vorrei occuparmi di formazione del personale attraverso la gestione delle emozioni, vorrei condividere un qualcosa che ha a che fare con questo mondo. Vorrei dare e ricevere valore e sviluppare le potenzialità che noi tutti abbiamo dentro.

Michele: Oggi, come ti vedi rispetto al tuo percorso lavorativo?

Kappa: Ad oggi sono entusiasta del mio percorso, sinceramente provo anche un po’ di preoccupazione, ma non voglio pensare ad un film che non abbia un lieto fine. Continuerò a studiare, a formarmi e ad aprirmi verso le persone.

Michele: Complimenti kappa. Ti senti di dare un consiglio?

Kappa: Da certe situazioni esci con le ossa rotte e rischi di mettere in dubbio le tue qualità. “Non permettere a nessuno di sminuire la tua persona, quello che sei”. Mi sento anche di dire: “non perdete mai voi stessi, non fatevi mettere in scacco da nessuno. Nella maggior parte dei casi, il problema non sei tu”.

Nella mia esperienza hanno influito anche altre dinamiche, spesso difficili da capire e gestire sul momento. Si sono alleati contro di me. Un altro consiglio che posso dare è quello di parlarne, di condividere in primis con chi ti sta vicino o con qualche professionista. Buttare fuori il malessere.

Michele: Condividere, sono d’accordo Kappa. Che è un po’ quello che cerco di fare con questo progetto. Bene Kappa. Siamo arrivati alla fine di questa bellissima intervista, ti ringrazio per la disponibilità e per il coraggio di raccontare esperienze così importanti davanti ad uno sconosciuto. Complimenti e in bocca al lupo per i tuoi obbiettivi futuri. Ti va di chiudere con una parola?

Kappa: Certo Michele. Grazie a te per l’ascolto. La mia parola è: Entusiasmo.

 

 

 

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