Abbattere le Barricate

di Giuseppe Laregina
Abbattere le Barricate

Siamo state amate e odiate, adorate e rinnegate, baciate e uccise, solo perché donne.

(Alda Merini).

Parole mi portano a riflettere su quante barricate culturali e mentali ci siano ancora da rimuovere per arrivare a diventare un paese normale.

Un’altra morte, l’ennesimo femminicidio (siamo oltre quota 100 dall’inizio del 2023) mi ha colpito come padre. Ho a lungo pensato alla sofferenza che possono aver provato i genitori di Giulia Cecchettin, impegnati, come lo siamo stati io e mia moglie nell’ottobre di quattro anni addietro, nei preparativi per la laurea della loro Giulia.

“È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio.” ha scritto Elena, la sorella di Giulia Cecchettin.

Parole che mi hanno riportato al maggio del 2021 quando ero impegnato in una sessione via Zoom del Progetto di Mentoring “Giovani senza Capo”.

Il dialogo non filava. Correvamo, ma restavamo fermi. Inciampavamo continuamente. Avvitati in discorsi privi di fluidità.

In tono di voce della mia interlocutrice era privo della brillantezza di altre volte.

Chiesi: “Tutto bene? Cosa non va? Vuoi che rimandiamo la nostra chiacchierata”.

Silenzio. Silenzio e poi le lacrime … Ed ancora silenzio … E lacrime, tantissime lacrime.

Un momento che pareva infinito e da cui sembrava impossibile uscire. Lasciai che il tempo svolgesse il suo compito di balsamo dell’anima. Poi mi feci raccontare cosa era successo. Il dialogo riprese ed un fiume in piena di parole mi travolse.

Mi raccontò che in ufficio c’era un problema che la angosciava e le aveva tolto serenità e passione per il suo lavoro.

Un capo molestatore e misogino era entrato con fare volgare nelle sue giornate ed in quelle di tutte le sue colleghe. Battute sconce, continui ammiccamenti, messaggi. Durante le call di lavoro per Mr Molestia era diventato normale condividere immagini con volgari riferimenti sessuali. Nessun rispetto per le donne che erano costrette a partecipare a questo rozzo rituale.

Il racconto di questa esperienza è necessario per illustrare il contesto di pura follia in cui mi sono imbattuto. Cosa ho vissuto e cosa ho imparato assumendomi la responsabilità di denunciare quanto stava accadendo.

Vorrei condurre ad una seria riflessione le persone che occupano posizioni di responsabilità sul come possiamo contrastare il mal-essere e diffondere il ben-essere sui luoghi di lavoro.

Tutto passa da una duplice consapevolezza:

  1. Dobbiamo creare ambienti di lavoro dove sia realmente diffusa la cultura del “benessere”
  2. Dobbiamo contrastare ogni forma di molestie seguendo la logica della “tolleranza zero”.

 

  • La mia esperienza

Ho prima raccolto e poi denunciato al Board di una multinazionale un eclatante caso di molestie sessuali.

Un Manager, inviando immagini con chiari riferimenti sessuali sulla chat utilizzata nel corso di normali riunioni di lavoro, sottoponeva ad una situazione di grandissimo stress tutte le persone del suo Team.

Un gruppo di lavoro composto al 60% da donne che non venivano rispettate in quanto persone.

Cosa ho imparato?

Che reazione si ottiene parlando di molestie ad un uomo o ad una donna?

Due mondi lontanissimi. Con l’incapacità da parte degli uomini di comprendere dove stia il confine tra goliardia e molestia. Fino a quando non avviene un “contatto fisico” è tutto archiviato alla voce “goliardata”. In perfetto stile Alvaro Vitali.

Come ha reagito l’organizzazione?

Schierata a difesa del molestatore ignorando le molestate. Troppo testosterone e pochi neuroni. Il branco unito e compatto a difesa del lupo cercava di scoprire le spie per “licenziarle”. Un “Jurassic Board” che ha pilatescamente deciso di non intervenire. Cultura tossica e misoginia in abbondanza.

Cosa impedisce di guardare alla realtà?

Bias culturali. Ignoranza della legge. Trucidi stereotipi da caserma. Senso di impunità legato al quotidiano esercizio del potere. Troppe frasi fintomotivazionali stampate nei corridoi e nessuno che si preoccupi di capire cosa stia realmente accadendo. Chi viene promosso a ruoli di responsabilità? Qual’è lo spessore umano di queste persone?

Cosa mi è dispiaciuto non trovare?

La solidarietà femminile. Il molestatore seriale ha una donna come responsabile che per difendere il suo recinto di potere si è battuta per evitare che il molestatore venisse punito.

 

Se vogliamo cambiare la realtà occorre passare dall’indignazione all’azione.

Ci sono alcune domande cui dovremmo rispondere ogni volta che affrontiamo un caso di molestie:

  1. Se dovessimo raccontare i fatti sosterremmo che la scelta dell’Azienda di non punire, ma di “perdonare”, è corretta?
  2. L’Azienda ha agito per proteggere le vittime? O per tutelarsi silenziando il problema?
  3. Il messaggio dell’Azienda è chiaro ed univoco? Tolleranza zero verso le molestie sessuali?
  4. Se fossimo le donne molestate ci sentiremmo tutelate dalle decisioni aziendali?

Cosa possiamo fare:

  1. Pillola blu o pillola rossa stile Matrix. La scelta che ogni mattina facciamo o non facciamo quando decidiamo di cambiare o meno le cose.
  2. Non esiste il provare, ma solo fare o non fare come afferma il Maestro Yoda. Affrontare la situazione o volgere altrove lo sguardo per convenienza, ipocrisia o timore delle conseguenze. Non ci sono alternative.
  3. Essere fiduciosi. Lavorare sulle generazioni successive alla mia che mi auguro sapranno fare di più e meglio.
  4. Fare Informazione prima e Formazione poi. In ogni contesto: Famiglia, Scuola, Azienda. Dove per scuola intendo la scuola materna.
  5. Agire senza remore perché fingere di non sentire e non prendere posizione ci rende complici.
  6. Educare ed educarci al rispetto partendo da noi stessi e dai nostri figli.

 

Sposiamo l’acronimo A.C.T. = Action Changes Things

 

We made a promise

we swore we’d always remember

no retreat, believe me, no surrender

like soldiers in the winter’s night

with a vow to defend

no retreat, believe me, no surrender

 

We made a promise

we swore we’d always remember

no retreat, believe me, no surrender

like soldiers in the winter’s night

with a vow to defend

no retreat, believe me, no surrender

 

Canta Bruce Springsteen in “No Surrender”. Come soldati non dobbiamo arrenderci urla “The Boss”.

Sono le barricate dell’ignoranza, dell’ipocrisia e del sopruso che dobbiamo abbattere se vogliamo costruire luoghi dove il lavoro sia sicuro e libero da paure e pericoli. Se vogliamo iniziare a cambiare la cultura machista e patriarcale del nostro paese.

Fate entrare il Benessere dalla porta, e vedrete Soprusi e Molestie fuggire dalla finestra.

Ho un sogno: che ogni donna si senta serena ed al sicuro in ogni luogo chiamato lavoro.

Questo mio impegno a favore di un mondo migliore lo dedico a mia moglie ed alle mie due figlie.

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