Esserci quando serve e non quando abbiamo tempo

di Giuseppe Laregina
Esserci quando serve

C’è stato un periodo in cui mi capitava di passare più tempo in aeroporto od in macchina che a casa. Quando partivo o rientravo da un viaggio di lavoro era importante non dimenticarmi di avvisare mia madre del fatto che ero atterrato, arrivato, rientrato … Anche se avevo passato da qualche lustro l’età prescolare per lei ero il suo “bambino” che affrontava i rischi della vita moderna.

C’è un ricordo che mi strappa sempre un sorriso. Un giorno dissi a mia madre che stavo per partire per l’ennesimo viaggio. Lei mi guardò preoccupata e mi domandò: “Ma hai fatto qualcosa di male al lavoro che ti mandano sempre in giro?”. Lei temeva per la mia sicurezza, io ero felice di girare il nostro paese per fare il mio lavoro. Il mondo visto da differenti punti di vista: genitore e figlio.

Ho ripensato ad aneddoti come questo quando ho scelto “Esserci quando serve”, il titolo che ho condiviso con le organizzatrici di WomenX Impact, per costruire il mio intervento sul palco di FICO a Bologna.

Facile a dirsi più complicato a farsi quando bisogna passare dal dire al fare ed il buon proposito deve essere messo in pratica.

La traiettoria continua su cui ci muoviamo da genitori è come l’oscillare del pendolo tra due estremi. Passiamo da “Cerco di compensare con la qualità il poco tempo che riesco a dedicare ai miei figli” (spesso e volentieri però significa “al momento ho altre priorità”) a “Il mondo è pieno di insidie allora affianco i miei figli in ogni situazione, anzi talvolta li precedo, tipo safety car”.

Da zero o quasi a 100% di presenza, che rischia di diventare un eccesso di prevenzione degli imprevisti che si porta appresso il diventare grandi. Come se per stare al sicuro decidessimo di non esporci alla realtà.

Quando ci siamo sposati, evento del millennio alle nostre spalle, io e mia moglie decidemmo di condividere con gli invitati un brano di Kahlil Gibran sul significato che davamo alla parola unione.

E restate uniti, benché non troppo vicini insieme,

poiché le colonne del tempio restano tra loro distanti,

e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

Siamo tornati a bussare alla porta del poeta libanese quando, da esordienti, stavamo per entrare nella dimensione genitoriale.

“I vostri figli non sono figli vostri. E sebbene stiano con voi, non vi appartengono.”.

“Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi. Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.”.

Sono parole che da neofiti del ruolo abbiamo condiviso, ma abbiamo altresì compreso quanto non è stato semplice rispettare i buoni propositi. Un continuo lavorare di freno, frizione ed acceleratore per evitare di esagerare in un senso o nell’altro, perché educare i figli degli altri è semplicissimo, è quando tocca a noi che veniamo messi alla prova. E non conta il ruolo che interpreti nella commedia chiamata lavoro, il ruolo di padre lo devi indossare vestendo i panni dell’attore protagonista, zero delega, anche se sei un esordiente assoluto.

E’ stato bello salire sul palco di WomenX Impact indossando i panni di padre. Ho potuto chiedere alle giovani donne di fronte a me con che approccio volessero affrontare il loro futuro.

Con cosa volete convivere? Con il rimorso di aver fatto una scelta? O con il rimpianto di non averla fatta?

Volete scegliere la vostra strada senza farvi condizionare dai vincoli esterni, ragionando esclusivamente attorno a voi stesse, affrontando il timore di deludere i vostri genitori, il peso del giudizio degli altri, il contesto sociale, il timore di non essere abbastanza, la paura di sbagliare …? O delegherete le scelte che vi riguardano per non deludere le aspettative altrui?

E quando si invertiranno i ruoli che genitori sceglierete di essere? Presenti quando serve o solo quando avrete tempo? Guard rail o pilota della vita altrui?

Se guardo nel mio specchietto retrovisore vedo scorrere parole e momenti rispetto a come ho cercato di essere padre.

 

Ho cercato di essere presente, ma non invadente. Ho cercato di trasmettere il valore dell’assumersi le proprie responsabilità, sforzandomi di aiutare a comprendere l’importanza di inseguire i propri sogni non stando ferme, ma mettendosi in movimento, attraverso l’impegno personale.

Fare il padre non è semplice, anzi, si tratta di una quotidiana scoperta.

Quando incontro i giovani spesso mi domandano “Quale è stata la sfida più difficile che hai dovuto affrontare?”. Molti si aspettano risposte circa mirabolanti successi in ambito professionale, io li “deludo” rispondendo: “Cercare di essere un buon marito ed un buon padre. Il resto? Molto più semplice.”.

Concludo condividendo alcune riflessioni frutto delle mie esperienze di padre e di essere umano che guarda ai giovani sempre con grande interesse, entusiasmo, passione e curiosità:

  • Inseguite i vostri sogni e non quelli dei vostri genitori. Sarete voi a dovervi alzare ogni mattina.
  • Fino a 30 anni non badate a quello che state guadagnando, ma soprattutto a quello che state imparando. Lì troverete la vera ricchezza.
  • Imparare un mestiere richiede tempo, impegno, pazienza e la fortuna di trovare qualcuno che voglia investire il suo tempo nell’insegnarti qualcosa.
  • Solo se avrete della professionalità da offrire al mercato del lavoro potrete essere libere di scegliere dove e con chi lavorare.
  • Attenzione perché solo nel dizionario la parola Successo viene prima della parola Sudore.
  • Prima di partire per il VOSTRO viaggio trovate risposte oneste a 3 domande: COSA, DOVE e COME?
  • Have Fun. Divertirsi non è una colpa.
  • Imparate a fare le cose seriamente senza prendervi troppo sul serio.

 

Ma soprattutto, ho detto, “Sentitevi libere di non seguire alcuno dei consigli precedenti.”.

E un giorno ti svegli stupita e di colpo ti accorgi

Che non sono più quei fantastici giorni all’asilo

Di giochi, di amici e se ti guardi attorno non scorgi

Le cose consuete, ma un vago e indistinto profilo

E un giorno cammini per strada e ad un tratto comprendi

Che non sei la stessa che andava al mattino alla scuola

Che il mondo là fuori ti aspetta e tu quasi ti arrendi

Capendo che a battito a battito è l’età che s’invola

E tuo padre ti sembra più vecchio e ogni giorno si fa più lontano

Non racconta più favole e ormai, non ti prende per mano

Sembra che non capisca i tuoi sogni sempre tesi fra realtà e sperare

E sospesi fra voglie alternate di andare e restare. Di andare e restare

«E un giorno – Francesco Guccini»

 

 

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