Pop history #11 – Il giorno in cui la musica morì

di Marco Chelo
Pop history #11 - Il giorno in cui la musica morì

Le morti di molte rockstar sono eventi che li rendono immortali agli occhi dei loro fans, facendo dimenticare le motivazioni che spesso hanno portato alla morte stessa dei loro idoli.

Esiste una storia che oggi desidero raccontarti perché a distanza di 63 anni riesce ancora a farci riflettere, quella che nella memoria viene ricordata come “il giorno in cui la musica morì”.

È il 3 febbraio del 1959 ed é appena terminato un concerto al Surf Ballroom di Clear Lake. .

Non é stata una serata come le altre in questa piccola cittadina dell’Iowa perché su quel palco si sono appena esibiti dei giovani ragazzi che sono considerate già vere icone del neo nato genere rock and roll, quali Buddy Holly, The Big Bopper ed un 17enne che dopo aver riarrangiato una melodia messicana vecchia di 300 anni sta ottenendo un successo planetario, Ritchie Valens, con la sua “La Bamba”.

Ma questa sarà una notte in cui destini ed errori si combineranno insieme, sliding doors che si aprono cambiando tutte le vite di chi era presente, incominciando dalla data dello stesso concerto, non in programmazione all’inizio nel Winter Dance Party, un tour di più gruppi musicali e cantanti solisti che prevedeva nell’arco di tre settimane 24 date in città lontane tra di loro, aggiunta proprio successivamente perché era l’unico giorno libero!

E logisticamente l’organizzazione non fu preparata a tutto questo mentre contattava i proprietari dei locali nelle varie città.

Lo stesso pullman utilizzato per il tour dai musicisti non era equipaggiato per sostenere un viaggio lungo al termine di ogni concerto, soprattutto in climi rigidi in quanto non disponeva del riscaldamento abitacolo efficiente.

E quella notte per arrivare a Fargo, dove si sarebbe svolto il giorno dopo un altro concerto, era necessario per fronteggiare il freddo nato da una perturbazione nevosa.

Questo aspetto convinse quindi poco dopo la mezzanotte Buddy Holly a prenotare un piccolo aereo privato per evitare il viaggio al ghiaccio su quel maledetto pullman.

La rockstar prende quindi contatti con la locale società di aerei privati Dwyer Flying Service che gli propone un charter piccolino adibito al trasporto di 3 passeggeri oltre il pilota, l’ideale per lui e la sua band.

Su quel Beechcraft Bonanza alla fine però tra scommesse e posti lasciati deliberatamente disponibili, ci salgono oltre lui, The Big Bopper e Ritchie Valens.

Il charter, sotto una nevicata e il forte vento, decolla intorno alle 01.00 locali con ai comandi il 21enne Roger Peterson.

Passano i minuti e dalla torre di controllo di Madison City non si hanno comunicazioni sul piano di volo da Peterson.

Alle 03.30 l’aeroporto di Fargo comunica di non aver avuto contatto con il Bonanza.

La mattina successiva il proprietario della Dwyer Flying Service decolla per iniziare le ricerche immaginando la possibile rotta fatta.

Gli bastano pochi minuti per vedere i resti dell’aereo dispersi nel campo innevato. Aveva impattato contro il suolo e tra i vari rottami si scorgono i corpi privi di vita dell’intero equipaggio.

Le indagini portarono alla luce 3 fattori che concorsero insieme al tragico evento:

1) il maltempo sottovalutato in fase di piano di volo dovuto alle scarse informazioni giunte;

2) il giovane Roger Peterson era privo della abilitazione al volo strumentale (IFR), ossia poteva volare solo di giorno in condizioni di buona visibilità. La sua inesperienza lo ha portato ad andare in “effetto vertigine” ossia a perdere l’orientamento spaziale condizione che porta il pilota a credere di salire con il proprio aeromobile mentre invece sta scendendo, condizione che si verifica perché si cerca visivamente l’orizzonte esternamente invece di pilotare attraverso la strumentazione;

3) la squadra a terra, oltre a non fornire le informazioni meteo, non ha mai contattato l’aereo attendendo l’apertura del PdV e non dando indicazioni al pilota per verificarne la quota cui volava.

Fattore ambientale ed umano, sottovalutazione e sottostima dei rischi tra cui quello di pilotare non avendo ancora acquisito l’abilitazione IFR, mancanza di comunicazione, senza considerare quanto avvenne anche in precedenza nelle lacune della programmazione del tour.

Avevano tutti tra i 23 e i 17 anni. Il loro lascito artistico é stato unico ma avevano una vita davanti.

Questo non fu solo il giorno in cui la musica morì ma quello in cui 4 giovani morirono.

 

 

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