È sulla bocca di tutti, come da previsioni. Non farò il suo nome per favorirne l’indicizzazione, ci pensano già tutti i media nazionali. Per questo motivo, lo chiamerò con un nome di fantasia: Arcibaldo. La cronaca è nota anche ai sassi ormai. Nonostante il tentativo di censura da parte della TV nazionale, Arcibaldo durante il concertone del 1° maggio ha letto un foglio scritto denunciando il tentativo di censura stesso e denunciando l’omofobia da parte di certi politici con il relativo stallo del decreto di legge Zan. Public speaking con ampie aree di miglioramento, ma questo è un dettaglio.
Lo scrivo subito, i temi toccati sono di un’importanza basilare nella nostra Società civile e più se ne parla e meglio è. Purtroppo certe scelte sono in mano a dei politidioti, ma d’altronde su quelle poltrone ce li mettiamo noi con i nostri voti. Amen.
Ciò detto il tema che mi sta a cuore è il potere mediatico degli influencer. Il tema ha avuto una cassa di risonanza pari o quasi all’ennesima guerra in Medio Oriente o, peggio ancora, più dell’ennesimo bombardamento in Palestina (tanto di quello non gliene sbatte a nessuno). Questo perché ormai Arcibaldo, dall’alto dei dodici milioni di follower su Instagram, ha un peso mediatico maggiore della politica.
È da qualche ora che rifletto se ad essere sotto i riflettori è il messaggio oppure Arcibaldo. Qualche domanda me la faccio e mi inchino di fronte alle sue strategie di marketing e (o) di chi lo supporta perché nessun altro ci sarebbe riuscito in modo così roboante. E quando parlo di nessuno non parlo di Stefano Pancari, ma di volti e persone care al pubblico, tra l’altro artisti con pedigree.
Il concertone era già palco di manifesti e proteste civili anche prima dell’arrivo di Arcibaldo. Basti pensare ai Subsonica con la loro guerra alla ginnastica dell’obbedienza, a Daniele Silvestri sull’unità italiana, a Caparezza che canta lo Stato non siete voi. Ne ho citati i primi tre che mi sono venuti in mente, ma sono davvero tanti: Vasco Rossi, Gianna Nannini, i 99 Posse e chi più ne ha più ne metta.
Eppure nessuno di loro è stato così sotto riflettori come ieri è stato lui. Se questo servirà a discutere (e risolvere) dell’informazione nella TV nazionale o della messa al bando della violenza in ogni sua forma, diremo tutti grazie ad Arcibaldo e famiglia portando in dono fiori e incensi al loro altare. Purtroppo penso che entro la settimana l’argomento affonderà nelle sabbie mobili e resterà solo la sua notorietà.
La cosa che un po’ mi spaventa è come e quanto spaventi questo potere mediatico. In un tweet Luca Bizzarri parla di coraggio nel fare satira contro certe persone. Forse la paura di essere affossati da una story di Instagram è più forte del timore di essere querelati da qualche ministro. Meditiamo.
Questa novella dal gusto agrodolce dà un insegnamento a noi che vogliamo cambiare i comportamenti riducendo gli infortuni e le morti per mano delle nostre stesse azioni. Perché i contenuti impattino su quante più persone possibili dobbiamo imparare a comunicare, a condirli se necessario con lo show e, perché no, essere influencer.
L’influencer è come il coltello e la sua bontà dipende tutta dall’uso che ne facciamo di questo ruolo (se mio nonno mi sentisse parlare di influencer come di un lavoro mi prenderebbe a calci nel culo). Se il Safety influencer veicola un messaggio, uno stile di vita sano e sicuro e se riesce a svecchiare un argomento così serioso da renderlo noioso, allora ben venga. Tutto sta nel capire se veramente riesce ad influenzare oppure se ciò che può ottenere il Safety influencer sono scorpacciate di like e nient’altro. Forse dovremmo prendere esempio da influencer del passato come Martin Luther King, ma con un linguaggio più attuale come quello di Arcibaldo o meglio ancora di Geltrude sua moglie (altro nome di fantasia).
Essere degli influencer della sicurezza ha una condizione imprescindibile. Dobbiamo avere una parte sommersa dell’iceberg fatta di studio e applicazione della disciplina antinfortunistica. Buttare lì due frasi ad effetto senza che ci si creda nemmeno poi così tanto avrà l’effetto di una canzone di Arcibaldo: dopo una settimana se ne dimenticheranno. Perché il coltello sia buono per tagliare il pane dovremmo avere la mente lì dove ci porta Pau dei Negrita con i suoi versi: più per essere qualcosa che per essere qualcuno.
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