Siamo quello che Google-iamo

di Allegra Guardi

Ciò che cerchiamo quanto dice di noi?

L’altro giorno volevo cercare su Google come fare lo slime fatto in casa. Lo slime è una specie di composto molto flessibile a base di colla. In un video visto su YouTube con mia figlia (età: quasi 3 anni) realizzavano questa roba in casa e l’ho trovata un’opzione interessante da giocarmi come jolly di intrattenimento nelle giornate piovose.

Ad ogni modo, ho digitato su Google le parole “come fare”. Non ho fatto in tempo a completare la frase aggiungendo “lo slime” che fra i suggerimenti di ricerca (ovvero quelle combinazioni di parole che Big G ti propone sulla base di ciò che viene maggiormente cercato) mi sono apparse nelle prime tre posizioni le seguenti voci:

  1. come fare soldi (subito venali noi italiani)
  2. come fare lo spid (che adesso interessa soprattutto per chiedere i vari bonus economici, quindi sempre di soldi si parla)
  3. come fare lo slime (proprio lui!)

Ci tengo a sottolineare che “come fare lo slime” è in terza posizione nei suggerimenti, mentre “come fare il tampone” è solo ottavo (prima del tampone vengono, fra gli altri, “come fare il pesto”, “come fare i pancake” e “come fare la pomarola”… giusto per dire le priorità, oltre ai soldi e allo slime, del Popolo dello Stivale).

Così mi sono chiesta: quando si parla di sicurezza, quali saranno le tendenze di ricerca?

Mi sono divertita a fare qualche prova. Ho battuto sulla tastiera le parole “la sicurezza è”.

Ecco i suggerimenti:

  1. un obbligo per il preposto
  2. la procedura che si deve eseguire per adempiere alle norme previste dalla legge
  3. assenza di rischio non tollerabile
  4. basata sulla prevenzione e non sull’azione riparatrice
  5. un’assenza di rischio non tollerabile
  6. essere amati
  7. fascino e il fascino è dominio (una citazione di Giorgio Faletti, n.d.r.)
  8. gestita dalla tua organizzazione

Uno spaccato interessante direi. Mi vengono da fare riflessioni di vario tipo.

Tanto per cominciare quello che risulta chiarissimo è che quando si parla (o meglio si cerca) di sicurezza, si pensa per lo più a qualcosa di fortemente legato alla normativa… che in effetti è ciò a cui la sicurezza, purtroppo, si riduce nella maggior parte dei casi.

Tuttavia, in questo freddo e grigio scenario, ad aprirsi un più caloroso varco in sesta posizione abbiamo nientemeno che l’amore: “La sicurezza è essere amati”. Ho poi scoperto che “La sicurezza è essere amati” è il nome di un recente concorso di racconti brevi che ha scelto questo tema in reazione al clima di incertezza generato dal COVID-19 e dal lockdown.

Sia come sia, mi ha portato a farmi un’altra domanda: cos’è che ci fa sentire sicuri?

Non ho perso tempo e ho testato i suggerimenti di Big G scrivendo “mi sento al sicuro”.

La frase mi è stata completata così:

  1. con te
  2. tra le tue braccia
  3. con lui
  4. non mi sento al sicuro
  5. non mi sento al sicuro con lui
  6. mi sento più al sicuro

Due cose sono evidenti: la prima è che non so chi tu sia, ma la fazione di chi si sente al sicuro con “te” vince nettamente su quella di chi si sente al sicuro con “lui”.

La seconda è che la nostra sensazione di essere al sicuro dipende prevalentemente dagli altri. Una percezione comprensibile, tuttavia poco vantaggiosa. Sarebbe un po’ come dire che la sicurezza di una rockstar dipende solo dalla sua bodyguard. La bodyguard ha sicuramente un compito importante, ma se poi la rockstar in questione si sfonda di alcool e droga la sua sicurezza non è proprio tanto garantita… e certo non per colpa della guardia del corpo!

Quindi come si ripercuote tutto ciò nel mondo del lavoro? Quanto spesso si considera che sia l’azienda, il datore di lavoro, il responsabile – sempre e comunque qualcun altro, insomma – a dover garantire per la nostra sicurezza? È così in effetti. Tutti loro devono. La legge stabilisce su quali teste ricadono determinate responsabilità. Ma una sicurezza delegata solo al comportamento degli altri quanto può essere efficace?

Mi sento al sicuro quando mi comporto in modo sicuro”, questo dovrebbe entrare nella testa delle persone e negli algoritmi del noto motore di ricerca. I primi responsabili della nostra sicurezza siamo noi, con il nostro atteggiamento e con le nostre azioni.

Ricordo che al liceo, quando davo un passaggio in macchina ad alcune amiche, si stupivano se lasciavo la precedenza ad auto che non l’avevano e mi esortavano a lanciarmi in strada, sfidando il maleducato trasgressore di turno (ma di più la sorte, a mio avviso). Così io rispondevo: “sì, la precedenza è mia, ma se poi mi faccio male perché quello – che non si sta affatto fermando – mi viene addosso, mi consola poco il fatto che la colpa la diano a lui”.

In Azienda è lo stesso: se hai un incidente sul lavoro la colpa può anche ricadere su altri. Ma l’infortunio lo subisci te. Io su questo una riflessione ce la farei.

E mentre tu rifletti su ciò, io che ci ho già riflettuto penso invece a come farò a pulire casa dopo aver fatto lo slime con mia figlia. Chissà che mi consiglia Google…

PS: se volete divertirvi anche voi con i suggerimenti di ricerca, fate prima log-out dai vostri account Google o il risultato sarebbe “falsato” dalle vostre ricerche precedenti.

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