Restiamo umani

di Stefano Pancari
restiamo umani

È qualche tempo che penso a cosa ci attenderà nel futuro. È già passato un anno da quando il mondo attorno e dentro di noi si è stravolto, un tempo utile per far nostre nuove abitudini e nuovi comportamenti. Al coprifuoco ci facciamo poco caso e le nostre serate sono affogate sui nostri divani. Lavorare è l’unica distrazione che abbiamo, sempre che un lavoro ce l’abbiamo ancora. Sicuramente di strada da fare ne abbiamo e non sappiamo per quanto ancora dovremo stare accorti con comportamenti che riducano la diffusione del virus.

In questo scenario la tecnologia la sta facendo da padrona e mi chiedo cosa sarebbe stato se tutto questo fosse avvenuto ante Job’s revolution, ovvero prima dell’avvento degli smartphone. Perfino mia madre ha imparato a fare le videocall per salutare le nipoti e mai avrei pensato che questo sarebbe stato possibile.

Abbiamo imparato ad utilizzare una miriade di piattaforme per la comunicazione e oggi risparmiamo benzina, biglietti di treni e aerei perché nello stesso giorno possiamo fare una riunione a Torino, un brainstorming a Roma e un aperitivo con gli amici ad Otranto. Fin qui tutto bene, di necessità virtù. A ciò si aggiunge la possibilità di lavorare da casa con tutto il risparmio di tempo e stress veicolare.

Fortunatamente, presto o tardi, questo virus farà parte dei libri di storia ed allora che succederà? Come vogliamo che sia la nostra nuova normalità?

Mi preoccupano quei pensieri, anche di personaggi autorevoli, che sostengono che la nuova normalità prevedrà una sostituzione delle vecchie abitudini con le nuove abitudini. Perché andare in ufficio quando puoi lavorare comodo da casa? Perché fare riunioni in presenza quando con un click avremo il mondo nel nostro monitor?

Sarò esagerato, ma questi ragionamenti mi mettono paura tanto quanto Clara Calamai in Profondo Rosso di Dario Argento.

restiamo umani
Mi piace pensare che nel futuro ci attenda una normalità implementata, dove la connessione virtuale è un plus che favorisce la connessione on life, dove lo smart working sarà una modalità che si alterna alla vita in Azienda.

Questo perché credo fortemente nella socialità dell’essere umano, nello scambio di emozioni, sensazioni e idee alla macchinetta del caffè, allo scambio di battute sul più o meno a margine di una riunione. Dobbiamo combattere questo ideale di individualismo e isolamento per essere umani a discapito degli esseri virtuali.

Se la vita in azienda è qualcosa di cui possiamo fare a meno domandiamoci se in quegli ambienti ci troviamo davvero bene, se è un optional tessere relazioni con i colleghi oppure se il nostro avatar può fare le nostre veci senza perdere qualcosa di noi.

Facciamo sì che le misure di prevenzione che dobbiamo mettere in atto oggi non ci facciano il lavaggio del cervello e ci instillino la paura del rapporto con gli altri. Ne va della nostra salute fisica e della nostra salute mentale.

Non appena le condizioni ce lo permetteranno, state tranquilli che mi troverete in mezzo a voi in qualche concerto ad amare la vita.

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1 commento

Claudio Compagni 10 Marzo 2021 - 12:15

Non posso essere più d’accordo con te Stefano! Io credo che la situazione si avvicinerà molto a quella che auspichi. La situazione attuale, cioè, il fatto che dopo un anno siamo ancora in alto mare, è anche dovuta al fatto che molte persone non riescono a fare a meno di quanto hai scritto nemmeno quando dovrebbero. Sicuramente esisterà un prima e un dopo. Probabilmente ci saranno persone che tenderanno a essere digitali, altre che tenderanno a essere umani e altre che troveranno la via di mezzo. Alla fine, nel complesso, potremmo trovarci in una situazione molto simile a quella da te auspicata. Io lo spero!

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