Privato e lavoro scissi?

di Stefano Pancari

Immagina di entrare al lavoro e dimenticarti del tutto della tua vita privata, dimenticarti del tuo “io” fuori da quelle mura.

Mica male quando nella tua ombra che varca l’ingresso dell’ufficio o del reparto sono presenti problemi e incazzature. Magari la scadenza della rata del mutuo, tuo figlio che ha fatto le bizze per andare a scuola o una vita privata non all’altezza delle tue aspettative. Lavoreresti più sereno, meno in modalità multitasking tra vita e lavoro e con una concentrazione di tutt’altro livello dopo aver passato il badge.

Adesso immagina che accada la stessa cosa a parti inverse. Dopo aver passato il badge a fine giornata tutto ciò che rientra nella sfera lavoro svanisce. Non ti ricordi più dei problemi, delle scadenze e addirittura non ti ricordi nemmeno di te stesso come lavoratore. Una persona al 100% delle energie da investire nella vita privata.

Severance, o se preferisci Scissione, così si chiama la serie TV che recentemente è stata messa in streaming da una delle tante piattaforme. Ti assicuro che è tutt’altro che una commedia o una visione romantica della vita. A dirla tutta tende al thriller psicologico con i suoi manager di ghiaccio, le telecamere che osservano cosa fai in ogni istante e un lavoro di cui non sai nemmeno che pezzo del puzzle sei, tanto è incomprensibile ciò che ti fanno fare.

Sin da quando ci siamo infilati in questo tunnel di accelerazione verso una nuova versione del lavoro mi pongo tante domande.

Mi domando come sia possibile scindere la vita privata dalla vita lavorativa così in modo netto e se questo sia concretamente realizzabile. Questo non vuol dire che quando viviamo il nostro privato pensiamo “sempre” al lavoro, così come quando siamo in una riunione o ad attivare la pressa in reparto non pensiamo “sempre” al privato. Gli assoluti sono una gran cazzata e chi li usa è per affermare un proprio pensiero estremizzando il concetto.

Penso che, al contrario, possiamo creare le condizioni perché un aspetto della nostra vita si nutra dell’altro. Avere una vita privata soddisfacente permette di entrare a lavoro con il sorriso e dare il meglio di sé in quanto siamo noi a nobilitare il lavoro che facciamo. Allo stesso modo una vita lavorativa equilibrata, che permetta di crescere, assumersi responsabilità e che porti soddisfazioni permetta di arrivare a casa dopo il lavoro con il sorriso.

Mi disturba ascoltare persone che si lamentano sempre e comunque del proprio lavoro, se non è scattata la scintilla o se la fiamma si è affievolita, forse dovremmo cambiarlo. Il lavoro è passione e dovremmo essere orgogliosi di ciò che facciamo e di quel che diventiamo anche grazie all’esperienza lavorativa.

In un periodo storico dove tutti vogliono lo smartworking, dove il posto di lavoro è diventato un girone dantesco e dove la socialità è rappresentata dal tempo di una sveltina online, dobbiamo chiederci se veramente vorremmo questa netta scissione del nostro io oppure siamo quel che siamo grazie all’esperienza quotidiana che facciamo. Lavoro compreso.

 

 

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