L’arte di non essere resilienti e prosperare nel disordine

di Zaira Procopio
L’arte di non essere resilienti

“Dobbiamo pianificare la ripartenza, possiamo progettare dei training sulla resilienza?”
“Bisogna essere resilienti per superare questo momento di difficoltà!”
“L’autoefficacia si potenzia attraverso la resilienza.”

Non so quante volte, negli ultimi 12 mesi, ho affrontato conversazioni di questo genere: “resilienza” è diventata la parola chiave di ogni colloquio, quasi quanto #BackToNormal!

Da un certo momento in poi, era come se tutte le nostre risorse psichiche dovessero essere orientate ad assorbire l’urto di ciò che stavamo vivendo e tornare allo stato di partenza, autoriparandoci. Senza subire alcuna modificazione. Del resto è questo il significato originario della parola “resilienza”: la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi e di ripristinare l’aspetto iniziale dopo una deformazione.

Non potevo fare a meno di domandarmi: a cosa serve adattarsi ad un cambiamento, se è per ritornare a come eravamo? Perché affrontare la tempesta, se è per uscirne uguali a come ne siamo entrati?

Cominciavo a pensare che Resilienza fosse la parola più abusata del 2020.

Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a se stesso: non evolve, non matura, non cambia.

Ma il cambiamento è letteralmente l’unica costante di tutta la scienza: l’energia si trasforma, la materia cambia continuamente, gli elementi si fondono, crescono, prolificano, muoiono.

È il fatto che le persone cerchino di non cambiare ad essere innaturale!

Il nostro corpo si modifica per proteggersi dalle malattie, le specie viventi mutano per sopravvivere, l’intera storia dell’umanità è il prodotto di eventi imprevisti e inattesi: la nostra intera esistenza trae vantaggio dagli scossoni, prospera quando è esposta alla volatilità e all’incertezza, al caso, al disordine. Progredisce quando è esposta a fattori di stress e ama l’avventura e l’ignoto, che ci spingono a dare il meglio di noi stessi.

In una parola, siamo – per definizione e linee evolutive – antifragili.

All’interno del nostro percorso evolutivo, non siamo arrivati allo stadio in cui ci troviamo grazie alla resilienza, ma grazie alla propensione al rischio, grazie alle conoscenze imperfette e incomplete, grazie al caso e al caos, grazie alla dispersione dei risultati.

Grazie alla semplicità, che smonta le sofisticazioni di chi insegue la complessità per giustificare il proprio ruolo.

Grazie all’errore, da cui abbiamo imparato a fare in maniera diversa (anche quando ci è costato più di quanto avrebbe dovuto).

Grazie all’intuizione e alla percezione, che prevalgono su ciò che siamo in grado di classificare o discutere a parole.

La liberà funziona, la libertà è nemica delle formule! Se mettiamo un recinto intorno alle persone, allora esse diventeranno pecore (W. L. McKnight).

Smettiamo di concentrarci sul come e focalizziamoci sul perché: sbagliamo, assumendoci il rischio, per le cose in cui crediamo; domandiamoci che cosa potremmo fare, se non avessimo paura; ascoltiamo e ascoltiamoci.

Non aggrappiamoci alle cose come erano, ma lasciamole essere ciò che sono e che possono essere; creiamoci dei nuovi ricordi e smettiamo di insistere nel credere – malgrado tutte le indicazioni scientifiche – che nella vita tutto sia per sempre.

Abbracciamo il cambiamento, mostriamoci flessibili e pronti ad agire rapidamente!

Prestiamo attenzione ai piccoli segnali di cambiamento, così da essere pronti a fronteggiare i grandi cambiamenti che potranno presentarsi in seguito.

Perché la montagna più alta del mondo non è la più alta che abbiamo visto e tutto ciò che oggi chiamiamo realtà, domani non sarà altro che una bellissima (o una tremenda) illusione.

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