Erika parte 2

di Michele Grigato
erika

Seconda Parte  (leggi qui la prima parte)

I danni per la vittima

Dopo aver introdotto l’argomento “Mobbing” entriamo un po’ nel dettaglio definendo alcuni aspetti relativi alla persona che lo subisce, ossia il “mobbizzato”. Iniziamo col dire che non c’è una persona che per carattere, età, professione ecc … sia più soggetta al mobbing. Tuttavia, dalle ricerche effettuate dagli esperti di settore, risulta che le persone caratterialmente più sensibili sono maggiormente a rischio dal punto di vista della salute fisica e psichica; ma anche chi è d’animo forte corre seri pericoli, perché sopporta la persecuzione più a lungo, quindi, protrae nel tempo un malessere psicologico e prima o poi scoppierà. Dal punto di vista del Mobber, una persona più debole di carattere è più semplice da eliminare, una dal carattere più forte è invece scomoda sul lavoro perché si oppone alle regole, dice ciò che pensa e cerca di farsi rispettare di più. Diversamente, la subalternanza caratteriale e l’asservimento psicologico ai più forti, sono meccanismi importanti nell’origine e nello sviluppo del malessere.

Uno dei principali segnali di malessere della vittima di angherie, è l’insicurezza acquisita, la paura di sbagliare, di commettere passi falsi, il che porta a diventare passivi sul lavoro, solitamente dovuto alla paura di sbagliare e innescare quindi un nuovo attacco. La vittima si pone in uno stato di isolamento comunicativo, destinato ad aggravarsi sempre di più, invece di difendersi si chiude in sé stessa, ritirandosi dal mondo esterno. Si sente molto disorientata perché, se da un lato è convinta di non avere colpa, dall’altro teme di sbagliare tutto, si sente indecisa e tende ad accusarsi in maniera distruttiva.

A questa situazione si aggiungono ansia, frustrazione e paura per qualsiasi cosa, in particolare il mobbizzato teme di diventare un fallito agli occhi della propria famiglia. A questo punto sembra quasi superfluo dire che il rapporto tra mobbing e stress è molto forte: più della metà dei lavoratori che subiscono violenza morale viene colpito da stress, una percentuale superiore perfino all’insieme di lavoratori che subiscono molestie sessuali. In seguito ad un lungo periodo di mobbing si può parlare di sindrome da stress, o anche di sindrome di mobbing. Brady Wilson, uno psicologo clinico americano, in uno studio condotto in Arizona su un gruppo di lavoratori vittime di mobbing, ha concluso che i disturbi di cui soffrivano gli esaminati potevano essere raggruppati nel “disturbo post traumatico da stress”, frase che rappresenta anche la traduzione italiana del termine mobbing. In Svezia e Germania, già da diversi anni, il mobbing è considerato una malattia professionale. Va da sé che situazioni prolungate di mobbing portino la vittima a provare una forte rabbia (che rimane però repressa) e un profondo senso di ingiustizia.

Questo insieme di considerazioni, unitamente ai casi che sono arrivati nelle aule di tribunale, hanno consentito di iniziare a parlare di danno biologico: “Quando una persona fisica subisce una lesione nel fisico o nella psiche si realizza il danno biologico, che deve essere risarcito in quanto l’integrità fisica è un bene costituzionalmente garantito”. Appare chiaro che le conseguenze sono innumerevoli in termini di costi umani.


Le conseguenze per l’azienda e per la società

Come dicevamo, il mobbing può provocare un danno permanente sulla vittima, tale da prevedere una regolare richiesta di risarcimento per invalidità professionale. In casi estremi come questo, i costi non investono solo il datore di lavoro – che ha subito un calo significativo della produttività e ha retribuito i periodi di malattia (come da normativa) della vittima – ma anche la società stessa: un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni, costa alla società ben 500 mila € circa in più di uno pensionato all’età prevista. È chiaro quindi come questo fenomeno comporti, oltre ai costi umani che la vittima vive su di sé, anche costi aziendali e sociali. Questi sono rappresentati, in particolare, dai continui interventi da parte dell’ufficio del personale, che agisce per cercare di sanare le situazioni conflittuali. Questo si riversa sulla produzione che ne risente da un punto di vista qualitativo e quantitativo. In termini generali, il costo che l’azienda subisce in un anno a causa del mobbing, ad esempio su due suoi dipendenti, è pari quasi alla somma di due stipendi completi: ogni caso di mobbing, dunque, raddoppia il costo del lavoratore. Concretamente questo si manifesta nelle spese derivanti dall’aumento degli errori commessi dalla vittima, sottoposta a tensione e quindi soggetta a cali di concentrazione e disattenzione, ma anche dal fatto che il mobbizzato riceve uno stipendio anche se è costretto ad assenze per visite e periodi di malattia: inoltre influisce in modo non indifferente anche il costo del tempo lavorativo perso in modo non produttivo, ossia impiegato in discussioni e litigi. Da considerare poi che il mobber, per attuare la sua strategia, dedica mediamente tra il 5 e il 15% del proprio tempo lavorativo.

 

Permettetemi di chiudere con queste citazioni:

“Come le persone ti trattano parla di loro, come tu reagisci parla di te”

“Se qualcuno ti tratta male, ricorda che c’è qualcosa che non va in lui, non in te”

“Non puoi cambiare il modo in cui le persone ti trattano o cosa dicono di te. Tutto quello che puoi fare è cambiare il modo in cui reagisci. – Nicky Gumbel –

 

Michele Grigato

 

Da mobbizzato per oltre un anno, posso solo sposare l’articolo di approfondimento realizzato da Erika, leggendolo mi ha fatto tornare in mente tutto il periodo vissuto, nel mio caso avevo addirittura paura di rispondere al telefono, grande era il timore e la soggezione, lo stato di insicurezza. Mi ero convinto di essere un buono a nulla. Devo sottolineare un altro aspetto, non menzionato. Nei casi di mobbing, un altro fattore impattante nell’organizzazione è sicuramente il clima aziendale che viene inevitabilmente colpito dalle dinamiche che tutti i giorni l’intero ufficio o reparto è costretto a vivere e gestire. Il mobber è un vero e proprio tumore. Sostituirli è la soluzione per la sopravvivenza organizzativa ed il continuo miglioramento. È necessario coraggio e promozione etica.

 

Chiudo, come di consueto in poesia:

 

Ero vittima del lavoro,

di un telefono, delle voci,

vittima del tempo. Nel tempo

il corpo deforme, interno,

cercava invano di pulsare

attenzioni. Risultato?

Meno dieci chili e anni,

anni di terapia intensiva.

Una silenziosa degenza.

 

 

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