ALL IN ALL, WE’RE JUST ANOTHER BRICK IN SAFETY.

di Stefano Pancari
Another brick in - rpcknsafe

15 dicembre 1979. Another brick in the wall dei Pink Floyd, in sole due settimane, raggiunse la posizione che gli spettava: la vetta della classifica britannica.

15 dicembre 2020. Sono passati 41 anni, ma per molti (me compreso) questa opera d’arte è rimasta lassù a illuminare l’Olimpo del rock. Stiamo parlando della canzone più amata e famosa dei Pink Floyd e la competizione interna non è certo di tipo dilettantistico. Basti pensare a Money, Comfortably numb e Wish you were here, per citarne alcune e non riempire l’articolo di titoli.

Ricordi come inizia? L’indissolubile The Happiest days of our lives, ma dopo… We do’n need no education, quella corda di basso di Roger Waters che ti arriva fino in pancia e We don’t need thought control con sotto la chitarra metronomo di San David Gilmour. Cari Sfera Ebbasta, Emma Marrone e Achille Lauro, prima di farvi chiamare rockstar inchinatevi di fronte a chi della musica ne ha fatto una vera e propria opera d’arte.

Penso che The Wall sia un concept album di straordinario valore, compreso il film (grazie Alan Parker!) che aggiunge alla immensa opera musicale anche le scene di vita del buon Pink (un po’ Syd e un po’ Roger, ma in fin dei conti un giovane Bob Geldof) e una grafica animata sopraffina (chi non ha visto almeno una volta i martelli marciare e il Prof macinare i bambini nel passacarne?). E pensare che questo doppio album fu composto per risanare le casse dei Pink Floyd, con un Syd Barrett perso ormai da tempo nell’oblio della follia e le tastiere di Richard Wright messe da parte per gli attriti con Roger Waters.

Negli ultimi anni, quando ascolto Another Brick in the Wall in tutte le sue versioni possibili (memorabile è il Live organizzato da Roger Waters per la caduta del muro di Berlino), penso a quanto forte sia l’immagine di quel muro, costruito mattone su mattone, esperienza dopo esperienza, credenza su credenza ed i nostri modi di fare. Penso che in qualche modo sia così che si forma il nostro il distacco dal percepito ed il livello di attenzione alle cose della sicurezza.

Immagino il Prof come un qualcosa di rarefatto, ma costantemente presente, come l’aria inquinata; ci ha circondato fin da bambini e lo abbiamo respirato in tutti questi anni e passivamente lo abbiamo subito fino ad intossicarci. Possono essere stati i nostri genitori che, per quanto abbiano fatto del loro meglio, non ci hanno insegnato a metterci la cintura in auto. Piuttosto possono essere stati i nostri amici e le scorribande alcoliche che tanto in un modo o nell’altro a casa siamo sempre tornati. Possono essere stati i media che giustificano il gesto folle di un autista o di un lavoratore per quanto la loro fine sia stata dovuta ad un loro comportamento scellerato. Possono essere stati i nostri datori di lavoro, i nostri responsabili e ancora i nostri colleghi. Mattone su mattone si è creato una sorta di isolamento della persona (Is there Anybody out There?) da quello che è un mondo sano, un mondo sicuro, un mondo che in cuor nostro tutti vorremmo. Restiamo lontani da quel mondo e affidiamo alla fortuna le sorti della nostra vita.

Noi possiamo scegliere di essere diversi. Possiamo farlo prima che il muro si chiuda violentemente come la terza parte di Another brick in the wall e prima di sentire suonare la successiva Goodbye Cruel World, magari durante il nostro rito funebre.

Possiamo abbattere quel muro di cemento grigio in cui la nostra mente è rinchiusa ed aprirci al mondo che c’è la fuori, pieno di persone colorate che hanno solo voglia di vivere. Possiamo farlo realizzando che, Prof o non Prof, quel che siamo dipende soltanto da noi stessi ed alle nostre reazioni a ciò che ci circonda. Assumiamoci la responsabilità perché, persona dopo persona, mattone su mattone, possiamo erigere un muro con tutto un altro significato, un Safety Wall che ci permetta di scalarlo e toccare il cielo con un dito.

All in all, we’re just another brick in Safety.

ESCI DAL BRANCO! BE SAFE BE ROCK!

 

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