Immagini tratte dal videoclip “Ghosts Again” dei Depeche Mode.
Il mondo della musica non è un mondo diverso da quello dei comuni mortali e chi lo abita soffre ugualmente di una vita che ha un inizio e una fine. Le gesta di tanti artisti sono sotto i riflettori e quindi veniamo a sapere luci e ombre della loro esistenza, al netto delle fake news che dovremmo filtrare.
Tutti gli anni coloro che vanno a suonare in un’altra dimensione lasciando quella terrena sono in molti. Alcuni sono solisti, molti altri sono membri di band e come reagiscono i componenti rimasti a pestare la nostra stessa terra ci dice molto.
Il 2022 è stato flagellato dalla perdita improvvisa di Taylor Hawkins che è già transitato per queste pagine. La sua eco tutt’oggi riempie le pagine e i nostri ricordi, così come quella lasciataci da Andy Fletcher dei Depeche Mode. Meno appariscente di Dave Gahan, il frontman, e Martin Gore, la mente creativa, “Fletch” è stato a pieno titolo con le sue sonorità alle tastiera un elemento essenziale della band britannica.
La sua è stata una morte “naturale” dovuta ad una dissezione aortica, ma a prescindere dalle modalità con cui ce ne andiamo, quando una persona è come un fratello o una sorella il vuoto che ci lascia è immenso e incolmabile. La nostra reazione può essere la più disparata e, nel caso di molti artisti, vuol dire la fine del progetto musicale (vedi Led Zeppelin dopo la morte di John Bonham).
Così non è stato per Dave e Martin che, seppur nel dolore del lutto, hanno voluto completare l’opera del loro quindicesimo album che tra una manciata di settimane potremo ascoltare, “Memento Mori”. Ad annunciare il loro album è “Ghosts Again” che ha messo d’accordo la gran parte della critica, me compreso. Un brano che, come raccontato dalla band, riesce a creare un equilibrio perfetto tra gusto malinconico e gioia. La malinconia del passato alla ricerca di “un posto dove nascondere le lacrime che abbiamo pianto”, ma anche “sognando di un paradiso con pensieri spensierati”.
Secondo i Depeche Mode e il compagno d’arte di sempre, Anton Corbjin, la nostra è una partita a scacchi con la morte, rilanciando un tema trattato nel film cult Il settimo sigillo. In evidenza è la finitezza dell’esistenza umana, ma proprio per questo la rende estremamente preziosa.
E noi che tipo di partita giochiamo con la morte? Studiamo le mosse per rendergli il compito difficile oppure le permettiamo di arrivare a scacco matto con la facilità di un bambino, grazie ai nostri comportamenti? Solo quando perdiamo qualcuno ci rendiamo conto di quanto sia stata densa la sua presenza, aspetto purtroppo trascurato nella gran parte dei nostri giorni.
Con uno sguardo al futuro, ti invito a goderti questo brano.
Quindi quale mossa vogliamo fare quando saliamo su un ponteggio? Quale pedina sposteremo quando gestiremo il nostro team? Che arrocco faremo quando dovremo muovere i piani produttivi e la sicurezza dei nostri lavoratori?
Vincere questa partita a scacchi è umanamente impossibile, ma riconoscendo il nostro tempo a scadenza, ciò che possiamo fare è lasciare che solo Madre Natura ponga fine ai nostri giochi e non qualche nostra stupida azione.
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