Il ritorno di antichi fantasmi

di Michele Grigato

Questa mattina apro la posta elettronica di Tiscali e trovo una mail da Graziano di ROCK’N’SAFE e decido di non aprirla, ho il blocco dello scrittore da un paio di mesi ormai, cosa vuoi scrivere Michele dai!?

Poi, con il passare della giornata accetto con curiosità il messaggio. Mi fa piacere risentire i ragazzi di ROCK’N’SAFE, sono sempre impegnati in argomenti interessanti e costruttivi.

E così inizio il mio racconto, uno spaccato sulla realtà…

Viviamo il tempo del “tutto e subito”, facciamo spesso fatica a darci delle priorità, navighiamo il tempo della frenesia e della perfezione. Dall’estetica alle percezioni più intime, ed è proprio in questo continuo “tic e tac” incessante che mi ritrovo oggi a riconoscere lo spettro di un vecchio ritorno. Ritrovarsi dopo quasi 10 anni a combattere con schemi mentali imprigionanti, difficili da raccontare e descrivere. Ma in qualche modo bisogna lottare per uscirne e tornare a risplendere.

Non saprei dargli un nome, sicuramente ha a che fare con un argomento molto legato alla parola “safety” ma con declinazione prettamente mentale e di difficile individuazione.

Avete presente quando uno o più pensieri (solitamente depotenzianti) si impadroniscono del tuo tempo prezioso?

Lo ammetto: sono caduto ancora, ma stavolta improvvisamente. Molto probabilmente gli ultimi anni di pandemia e la nuova guerra hanno influito a tal punto da rilasciare tossine che l’organismo non era più disposto a tollerare.

Sicurezza mentale potremo chiamarla, ma suona come qualcosa di impegnativo, forse come termine possiamo benissimo utilizzare “equilibrio”. Ci vorrebbe più equilibrio, è fondamentale.

Mi chiedo:

“Oggi, nel 2022, quanto ci sentiamo liberi di parlarne?”

“Quante realtà lavorative sono pronte a sostenere eventuali cadute?”

“Quanto questo delicato argomento viene trattato?”

Davvero. Fermatevi un attimo e provate a rispondere sinceramente.

Dopo un paio di giorni destabilizzanti, mando un messaggio alla Psicologa che mi seguì tempo fa. É una di famiglia ormai e vado sul sicuro. Ma proverò a rappresentare con parole quanto vissuto in questo periodo per testimoniare sensazioni ed esperienze condivisibili.

Ovviamente non ne ho la più pallida idea da dove iniziare, so solamente che le continue scadenze e il fatto di essermi messo alla prova in più di un’occasione (corsi di aggiornamento, colloqui andati a male, predisposizione a somatizzare e a giudicarsi troppo) hanno sicuramente influito negativamente in questo tosto periodo. Ma quello che più mi ha rassicurato è la voglia di non mollare e darsi delle scusanti, anzi, il ricercare attraverso la meditazione nuove vie mi ha sorpreso ancora una volta.

Sopravvivenza direi, ma forse c’è di più.

Se penso all’ambiente lavorativo dove lavoro oggi, dovrei tirare un sospiro di sollievo, vista l’apertura e l’accoglienza di colleghi e responsabili. Eppure, dentro qualcosa si muove sempre ed è molto più profondo di quanto all’apparenza possa sembrare, siamo macchine perfette ma anche complesse e non siamo abituati ad ascoltarci veramente. Viviamo il tempo del giudizio, e siamo troppo orientati alla ricerca di un mancare che a volte non ha nome.

Ansia e gestione dello stress, dolori addominali, senso di disorientamento, eccessiva stanchezza, turbinio di pensieri dalle svariate forme e declinazioni. Difficoltà nell’esprimere all’esterno per paura di…

Eppure sono ancora qua a scrivere, nonostante il blocco dello scrittore. Eppure, all’esterno in pochi se ne saranno accorti.

Mi chiedo:

“Quanto di questo pensare è davvero reale?”

“Quanto del nostro sentire è percepito dagli altri”

L’importante è lottare. Vivere.

 

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