Uno strano figlio dei fiori

di Francesco La Rosa
Uno strano figlio dei fiori

La storia della letteratura occidentale inizia, come tutti sanno, con l’Iliade, e l’Iliade è una storia di guerra. Questo per dire l’importanza che nella cultura antica aveva la guerra, evento centrale e praticamente onnipresente nel mondo classico (e non solo in quello). Se ne deduce dunque che la divinità della guerra ha il ruolo di protagonista centrale nel pantheon dell’Olimpo?

Non corriamo troppo.

Ares, Marte per i romani, da cui il termine “marziale”, era un pezzo da novanta, una delle dodici divinità maggiori, su questo non c’ è dubbio.

C’ erano Zeus tonante, l’adunatore di nubi, Afrodite Celeste, Era dalle bianche braccia (nel senso che non lavorava mai), Ermes dalle molte risorse (più o meno lecite), Atena dagli occhi splendenti, Ares il massacratore.

Come?

Ares il massacratore.

Ma è il modo di rivolgersi ad una divinità?

Al terribile dio della guerra in particolare?

Beh, il fatto è che Ares quello faceva. Più che combattere, massacrava. A destra e a manca, senza stare a distinguere tra amici e nemici. Chiaro che simpaticissimo non poteva essere, un macellaio del genere. Ma sta di fatto che di templi dedicati a lui non se ne ricordano poi tanti, un fatto comunque strano, per un dio così importante.

Insomma, confesso che a me Ares aveva messo un po’ di curiosità.

Cominciamo con ordine.

Di chi è figlio Ares?

Di Zeus ed Era.

Siamo proprio sicuri?

Ma dai.

Lo sanno tutti che Zeus saltava addosso a tutte le donne, le ninfe, le dee, andava in giro a fare figli a destra e a manca, partorì Dioniso dalla coscia e Atena dalla testa, di tutto e di più, insomma, tranne che con Era la legittima.

Insomma, mi era venuto il dubbio che non la raccontassero giusta e, gratta gratta, ho trovato che Ovidio la racconta un po’ diversa, effettivamente. Infatti, secondo quanto narra nei “Fasti”, Ares il massacratore sarebbe nientemeno che figlio di un fiore…

No, non sto parlando degli hippies, il Flower power e California dreamin’, i Greci erano avanti, ma non così avanti, sto parlando proprio di un fiore.

Dunque, pare che ad Era la faccenda che Zeus avesse partorito Atena dalla testa, facendo tutto da solo, non fosse proprio andata giù. “Che ci sto a fare io se quello si arrangia da solo?”.

Al posto suo mi avrebbero dato semmai più fastidio i tanti figli che continuava a generare con le altre, piuttosto che quelli che faceva da solo, ma sorvoliamo.

Era decide di prendersi la rivincita generando anche lei un figlio tutto da sola, senza intervento maschile, diciamo così. Si reca dunque a trovare la dea Flora, la quale per un po’ tergiversa, pensando giustamente a come avrebbe potuto prenderla il grande Zeus, poi di fronte alla solenne promessa di anonimato, e considerato che anche mettersi contro Era presentava comunque rischi non indifferenti, maledicendo il destino delle divinità minori, a malincuore cede, coglie un fiore misterioso, con quello tocca il ventre di Era e voilà, eccola incinta di Ares.

Così dice Ovidio.

Il terribile dio della guerra, figlio dei fiori con qualche millennio d’ anticipo, fu pertanto generato senza contributo maschile.

Imbarazzante, vero?

Comunque sia, cosa fatta capo ha, e ci si immagina che Ares cresca bello e forte, campione in tutti gli sport, in particolar modo quelli di combattimento, vero?

A sentire Pausania, no.

Racconta infatti che Ares ed Apollo si trovarono effettivamente a gareggiare ad Olimpia, specialità pugilato. Ora, vuoi che le categorie fossero diverse, o che ci fossero altri elementi che Pausania omette, quello che racconta è che Ares le prese sode.

E non era neppure la prima volta che Ares si trovava a mal partito.

Già Omero ci racconta infatti che, in tempi antichissimi, i giganti Oto ed Efialte lo avevano fatto prigioniero, incatenato e rinchiuso dentro una giara di bronzo come un cetriolo in salamoia. Lì Ares rimase per ben tredici mesi, e certamente ci sarebbe rimasto ancora, fino a lasciarci le penne, se non fosse arrivato Ermes a liberarlo e riportarlo indietro più morto che vivo.

Imbarazzante è dire poco.

Non vi è mai capitato, sul lavoro, che arrivi qualcuno con incarichi roboanti, poteri stratosferici e che poi, quando cominciate a vederlo all’opera, vi sorga più di un dubbio sulle effettive competenze e capacità di un cotale padreterno?  Ecco.

Bisogna però essere giusti, ed ammettere che finora non abbiamo ancora visto Ares impegnato nell’attività più propria del suo ramo, per così dire, e cioè la guerra.

Ed è certamente lì che dobbiamo osservarlo prima di farci un’opinione definitiva su di lui, lì nel cuore della battaglia, mentre lancia il suo famoso grido, potente quanto quello di diecimila uomini, mentre fa strage di nemici meritandosi il suo tremendo appellativo.

Ritorniamo là dove avevamo iniziato, l’Iliade.

Troviamo dunque Ares che combatte con entusiasmo in mezzo ai mortali.

Curiosamente, però, non lo troviamo a massacrare imparzialmente a destra e a manca, dove capita capita, come ci si sarebbe aspettati. No. Lo vediamo massacrare in modo selettivo gli Achei, dando spudoratamente man forte ai Troiani.

Il perché lo capiremo più avanti.

Al momento, il dio ha appena fatto fuori un tale Peritante ed è impegnatissimo a spogliarlo delle armi allo scopo di impossessarsene ed esibirle come un trofeo, secondo la moda dell’epoca.

Certo un dio, e questo Ares dovrebbe saperlo, farebbe bene a tenersi lontano dai cadaveri, il contatto infatti indebolisce i superpoteri divini, per così dire.

Atena, altra divinità guerriera ma di ben altra sottigliezza, questo va detto, se ne accorge e decide di approfittarne. Corre a chiamare Diomede, probabilmente il più forte dei guerrieri Greci dopo Achille, e lo convince ad assalire il dio.

Anzi, resasi invisibile, si mette lei stessa alla guida del cocchio, addirittura.

L’assalto di Diomede è come un invito a nozze per Ares, naturalmente.

Abbandona subito il cadavere e si fa sotto. Si avventa contro l’avversario scagliando per primo la lancia di bronzo, con forza terribile. Ma l’invisibile Atena è lì apposta, e senza troppa difficoltà devia il colpo. Adesso tocca a Diomede scagliare la sua lancia, e Atena ne corregge la traiettoria quel tanto che basta per raggiungere Ares al basso ventre, nel punto esatto dove l’armatura lascia scoperta la pelle.

Colpito.

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Eccolo, dunque, l’urlo terrificante di Ares volare alto sul campo di battaglia, ma non è esattamente quello che ci aspettavamo. È un urlo di doloreeeeeeeeeeeeee…….

E che fa a questo punto il terribile dio della guerra? La divinità olimpica delegata con apposito ordine di servizio alle attività belliche?

Svapora.

 “Quale oscuro vapore si vede uscir dalle nubi,
quando per la calura si leva bufera orrenda
tale Ares di bronzo (…)
parve, al cielo vasto con le nubi salendo”

Adesso capite perché, nonostante la guerra fosse centrale nel mondo antico, il culto di Ares era un po’ in sordina e i templi pochi e fuori mano? L’autorità te la può pure assegnare il padre degli dei, ma l’autorevolezza, la fedeltà e il rispetto, quelli devi conquistarteli da solo, se ne hai la capacità.

Leggi il seguito: Ares, chiacchiere e distintivo.

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