Nulla di personale

di Giuseppe Laregina
Nulla di personale

Una delle frasi più ipocrite che può capitare di ascoltare in contesti lavorativi tossici è quella che recita:

“Nulla di personale, è solo una questione di business.”

Di solito chi la pronuncia ha:

una finta aria contrita,

una finta faccia da circostanza,

una finta mano sul cuore,

e nella realtà tutto sé stesso con ambo le mani sul suo portafoglio.

Ne ha parlato anche il divo di Hollywood Will Smith nel suo libro. Testo scritto assieme a Mark Manson che illustra il punto di vista dell’attore quando racconta:

“Se passi abbastanza tempo con Will, alla fine lo sentirai fare una sfuriata sulla gente che dice: È solo una questione di business.

Niente è solo business, urlerebbe.

“Non c’è niente del genere. Tutto è personale.”

Quell’impiegato che stai cacciando ha una famiglia, degli amici, delle insicurezze e un’identità che stai rovinando. La sceneggiatura che magari stai cestinando ha anni di speranze e sogni legati ad essa. L’amico che sei troppo occupato per richiamare conta su di te, si preoccupa per te.

Il punto di Will non è che si dovrebbe dire sì a tutto. Il suo punto è che se si deve dire di no a qualcuno, bisogna farlo con dignità e rispetto. Anche se stai per distruggere i sogni di qualcuno, puoi farlo in un modo che onori ancora quei sogni. La negazione dovrebbe essere accompagnata da empatia e generosità, non da freddo distacco.

Perché non è mai “solo business”.

Eppure, nonostante le parole di Will Smith, in molti cinicamente fingono di credere alla frase “Nulla di personale, è solo una questione di business”.

Su questo triste gioco, fatto di ipocrisie e piccoli vantaggi temporanei, sono disposti a commettere qualsiasi nefandezza.

Fino a quando, all’ennesimo giro di roulette, uscirà il loro “numero” e si troveranno di fronte una faccia che ha appena indossato la maschera di circostanza e si sentiranno dire:

“Nulla di personale, è solo una questione di business!”. Prego si accomodi, l’uscita è da quella parte…

Mi sono sempre rifiutato di usare questa frase che cancella qualsiasi concetto di relazione tra esseri umani. L’ho trovata un insulto alla dignità delle persone e un insulto alla mia natura di essere umano.

Anzi, quasi sempre…

Una volta ho derogato.

Quando, ad una persona che considero per distacco il Campione Mondiale dell’Ipocrisia, ho potuto dire:

“Nulla di personale, è solo una questione di business.”

Nel farlo ho scandito per bene le parole. Ho assaporato il modificarsi della fisiognomica del mio interlocutore. Ho atteso che ogni singola parola centrasse l’obiettivo, e, quando ho visto afflosciarsi come un sacco della spazzatura il mio ipocrita dirimpettaio, sono uscito dal suo ufficio.

Senza neppure salutarlo.

L’ho lasciato solo a dover ingoiare il gusto amaro delle mie parole. A fare i conti con l’effetto che aveva provocato l’averle subite per la prima volta.

Nel pronunciarle ho pensato a tutte le persone che erano state brutalmente ferite da questa piccola persona. Un omino che da sempre adorava spacciarsi come il buon samaritano, ma che era stato capace di ogni nefandezza per raccogliere nelle pattumiere della vita anche un piccolo vantaggio personale.

Una sola volta è stata sufficiente per me.

Mi sono imposto la regola di non usare mai quelle parole che considero vilmente irrispettose e continuerò a farlo.

Vogliamo costruire luoghi chiamati lavoro sicuri e sani?

Mettiamo in un angolo i Don Abbondio che assistono alle peggiori nefandezze senza fare nulla. Mettiamo in condizione di non nuocere i cinici e arroganti disposti a fare qualsiasi cosa per qualche spicciolo di MBO.

La sicurezza non è solo fisica, ma è anche di natura psicologica.

Entrambi sono importanti, la seconda si basa su di un presupposto molto semplice: costruire luoghi dove viene quotidianamente valorizzata la più importante delle sostenibilità, quella tra gli esseri umani.

Ed a proposito di Don Abbondio e di tutti quelli che fingono di non vedere, non sentire e non capire arrivano in aiuto le parole di Brunori SAS:

“Don Abbondio nel mio sguardo

Che si poggia sempre altrove

Per paura che agli indizi

Poi si aggiungano le prove”

Imparare a guardare in faccia la realtà sarebbe già un bel passo avanti.

 

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