Gaia

di Vito Schiavone
gaia

Sicurezza sul Lavoro fa spesso il paio con ambiente, l’acronimo inglese HSE (Salute, Sicurezza e Ambiente) lo spiega bene.

Lo scorso 28 aprile in Agenzia Spaziale Italiana abbiamo celebrato la giornata mondiale della salute e sicurezza con l’evento in diretta streaming UNO SPAZIO TRA SALUTE E SICUREZZA 2021, dedicato agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado: 6000 studenti collegati sparsi sull’intero territorio nazionale, dall’Alpi a Sicilia!

In tale occasione ho avuto l’onore di avere nella mia squadra personaggi di calibro nazionale e internazionale provenienti dal mondo della Safety, dello Spazio e della Musica: Stefano Pancari, Alessandra Paparella, Loredana Bessone (ESA) e l’astronauta Maurizio Cheli ci hanno deliziato con i loro racconti, regalandoci un assaggio della loro esperienza, del loro carisma, il tutto accompagnato in diretta live dal rock italiano degli SOS Save Our Souls.

I ragazzi hanno scoperto che parlare di salute e sicurezza non è poi così noioso, se fatto con persone illuminate, ispirate e soprattutto votate alla comunicazione non convenzionale, partecipando e dando feedback di grande soddisfazione.

Abbiamo appreso tutti insieme che per addestrarsi ad affrontare luoghi “alieni” basta scendere nelle viscere della Terra, all’interno di grotte carsiche (ce ne sono tante in Sardegna e nella vicina Croazia): molte sono le incredibili similitudini con quanto si potrebbe sperimentare nello Spazio e, come spesso succede nella vita, tutto è così a portata di mano!

Abbiamo scoperto che per essere astronauti non è necessario essere dei super-uomini, basta essere persone motivate, sane ed allenate: in altre parole, in forma!

Ma cosa spinge un astronauta a volare nello Spazio? Disprezzo per la paura, spregiudicata curiosità, amore per la ricerca, fiducia illimitata nella tecnologia e nell’uomo? Sì, forse un po’ di tutto questo, ma di sicuro ora sappiamo con più certezza cosa li spinge a ritornare a casa.

Alessandro Baricco nel suo Oceano Mare scrive che “un pretesto per tornare bisogna sempre seminarselo dietro, quando si parte” e gli Astronauti quando volano nello Spazio questo pretesto ce l’hanno di sicuro: quella bolla blu che malinconicamente galleggia nello spazio vuoto e buio, la Terra!

Questa è una delle tante immagini dense di emozioni che gli Astronauti ci hanno regalato nel corso delle loro numerose missioni spaziali, quando sono lassù a girare intorno al nostro pianeta, alla nostra Terra, che tanto maltrattiamo ma che tanto ci ama, così come solo una madre sa fare con i propri figli.

Quella Terra che, nell’omonima canzone degli S.O.S. Save Our Souls, ci chiede protezione ricordandoci che

siamo legati da un filo sottile
se tu tocchi il fondo
io cado con te

quella Terra che ci sussurra:

Per quanto mi ignori hai bisogno di me, delle mie mani
e quando ti sporchi hai bisogno di me, delle mie acque
e quando calpesti ogni cosa di me, io ti sostengo

Questo l’atto d’amore che gli SOS le rivolgono: questi alcuni dei bei versi che, nel corso di una intensa mattinata trascorsa insieme sul palco dell’Auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana, mi hanno ricordato quanto la componente ambiente sia parte integrante della mia professione di HSE Manager.

Come il concetto di salute non può prescindere da un corretto equilibrio con gli aspetti psicologici e sociali, così la nostra vita non può prescindere da una corretta gestione dell’ambiente che ci circonda, liquido amniotico fonte di nutrimento e garanzia di vita.

La tecnologia, il progresso cui tendiamo devono necessariamente essere accompagnati da stili di vita eco-compatibili e sostenibili; il futuro che immaginiamo e che vogliamo restituire ai nostri figli e nipoti deve essere in armonico equilibrio con l’ambiente.

Equilibrio è la parola chiave di tutto: negli anni Sessanta del secolo scorso c’era ancora, nella Mongolia interna, una terra estrema e affascinante in cui popolazioni nomadi convivevano con i lupi, contendendosi con questi territorio e bestiame. Un giorno l’uomo decise che non poteva lottare costantemente alla pari con i lupi ed allora invase quelle vaste praterie, sterminandoli uno ad uno finché non rimase più neanche l’ombra della specie.

Fu l’ennesima vittoria di Pirro: senza lupi le tribù nomadi mongole furono sostituite da agricoltori e pastori stanziali, le iurte – tende tipiche mongole – lasciarono il passo alle costruzioni civili in calce e mattoni.

Gli allevamenti intensivi di ovini e cavalli e, soprattutto, gli animali selvaggi come gazzelle, scoiattoli, lepri e marmotte, in assenza di predatori, invasero i prati rigogliosi, trasformando in poco tempo quel fiorente paesaggio in un arido deserto, tutto polvere e insediamenti antropici.

Anni dopo, di quell’antico paradiso non restava alcuna traccia: il lupo, temuto nemico numero uno dell’uomo, si era invece rivelato paladino e sacro custode di un equilibrio naturale che durava da secoli. Questo le tribù nomadi mongole lo avevano sempre saputo, tanto da aver eretto negli anni il Lupo a simbolo divino, a totem (Il Totem del Lupo – Jiang Rong).

E quando calpesti ogni cosa di me, io ti sostengo
e quando esaurisci ogni cosa, perché? se poi ti manco…
questo è il segreto, capir quanto valgo
vivimi, sostienimi!

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