Don’t give up

di Marco Chelo
Don’t give up

Gli anni ’80 hanno rappresentato un decennio di grandi cambiamenti cui la musica ha fatto da colonna sonora in maniera prepotente soprattutto a livello sociale attraverso cantanti che hanno raccontato con la loro voce quanto stava accadendo.

Tra questi molto attivo è stato Peter Gabriel, frontman dei Genesis, che inizia un percorso da solitario e già all’inizio del decennio dedica una canzone al leader della lotta contro l’apartheid Steve Biko, grazie alla quale consentì al mondo di conoscere la storia del pacifista sudafricano morto solo pochi anni prima mentre era detenuto nel carcere di Pretoria.

Nel 1986, mentre l’Inghilterra vive condizioni tanto dure da creare disagio sociale, disoccupazione e povertà, Gabriel sta concludendo l’album “So” quando viene ispirato dalle fotografie di Dorothea Lange che mostrano americani poveri in condizioni di Dust Bowl. Vedendo quello che succede nel suo paese sente il bisogno di scrivere “Don’t give up” e la canta insieme a Kate Bush.

La canzone è una critica diretta ed aperta all’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher ed alla sua politica economica interna.  Vengono fatti due video: nel primo Gabriel e la Bush restano abbracciati mentre cantano con alle loro spalle in sottofondo un sole che riemerge da un’eclissi; nell’altro invece i volti dei due cantanti sono sovrapposti ad immagini di città e persone in rovina.

La loro sovrapposizione vocale è qualcosa di straordinario, capace per chi le ascolta di percepire la disperazione e solitudine cantata e raccontata da Peter Gabriel che diventa un uomo la cui disoccupazione ha creato stress e demolito anche le relazioni intime, cui si contrappone la speranza e sostegno nei ritornelli di Kate Bush.

I am a man whose dreams have all deserted / Sono un uomo i cui sogni sono stati tutti abbandonati
I’ve changed my face, I’ve changed my name / Ho cambiato il mio volto, ho cambiato il mio nome
But no one wants you when you lose / Ma nessuno ti vuole quando perdi

Don’t give up ‘cause you have friends / Non arrenderti perché hai gli amici
Don’t give up, you’re not beaten yet / Non arrenderti, non sei ancora sconfitto
Don’t give up, I know you can make it good / Non arrenderti, lo so che puoi farcela

La bellezza delle loro voci, la capacità di raccontare uno stato d’animo duro e difficile ma soprattutto la speranza porterà Peter Gabriel a ricevere centinaia di lettere di persone che lo ringraziarono per averle aiutate, attraverso le parole di questo brano. Lo stesso successe ad Elton John, il quale confessò in un’intervista di qualche anno fa al giornalista Massimo Cotto (guarda l’intervista di Massimo Cotto per B-SIDE) di aver vissuto un periodo difficile, di esserne stato consapevole e che proprio la canzone di Gabriel e Bush gli permise di trovare quelle forze per uscirne.

Penso che dobbiamo essere grati al leader dei Genesis e a Kate Bush, esempio di una comunicazione troppo spesso dimenticata capace grazie alle parole ed alla loro voce di dare quella forza per andare avanti, per rialzarsi attraverso empatia. La grandezza di Gabriel risiede proprio nel capire cosa sta succedendo intorno a sé ed alle persone, a comprendere il loro disagio immedesimandosi in loro. La gente lo ha percepito e per questo lo ringrazia, oggi sappiamo che non si sono arresi.

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