Una esperienza personale

di Daniele Russo
Una esperienza personale

Giorni fa mi è capitato di tamponare un’auto che proseguiva davanti a me nella mia corsia.

Era ora di punta, erano le 8.15 del mattino. Mi trovavo in tangenziale in un serpentone di auto, tra le quali vi era anche la mia, che procedeva a velocità moderata. Tutti avevamo un solo pensiero, una sola meta: raggiungere il luogo dove avremmo svolto quella mattina il nostro lavoro. Qualcuno aveva fretta ed era in ansia per paura di giungere al lavoro in ritardo, qualcun altro si mostrava già irritato per la presenza della coda e faceva slalom tra le file per rubare qualche secondo al tempo. Io procedevo tranquillo con un occhio alla strada, un occhio al tempo e la mente occupata nei miei pensieri.  Ma ecco che giunge l’imprevisto: “l’effetto fisarmonica”! Un frenatone brusco delle autovetture poste davanti a me mi catapulta in una situazione di imminente pericolo e mi ritrovo ad affondare con forza il mio piede sul pedale del freno, ahimé inutilmente, poiché l’anteriore della mia auto va comunque a colpire il posteriore dell’auto che mi precede.

Ed è in quel momento che mi è sorta la domanda: ma come è successo?

Può capitare, ma certo!

Ma si è trattato davvero di un imprevisto?

È vero che si tratta solo di una questione di probabilità?

È tutta colpa di una distrazione?

In verità, analizzando la scena a mente fredda posso affermare che quella mattina vi erano tutti gli elementi che dovevano fungere da “campanello d’allarme”, quali il traffico sostenuto e la fretta mattutina degli automobilisti, ma io li ho ignorati. Certamente non l’ho fatto deliberatamente, ma è proprio questo il problema.

Avrei potuto adottare comportamenti prudenti, tenendomi a debita distanza dall’auto che mi precedeva,  ma il mio cervello non ha percepito il pericolo, non ha analizzato le informazioni che erano effettivamente presenti e quindi non ha elaborato in anticipo lo scenario che purtroppo si è verificato.

Perché è successo?

Perché il cervello tende a fare scelte facili che comportano il minore sforzo intellettivo possibile e/o che non comportino stress emotivo.

Questo è un meccanismo probabilmente di autodifesa, ma che può essere controproducente poiché potrebbe esporci inconsciamente a potenziali pericoli, come è successo a me.

Molti incidenti accadono proprio perché si agisce a “mente leggera”, ignorando i rischi perché non li si conoscono o riconoscono oppure perché si ha eccessiva confidenza del lavoro o della attività che si sta svolgendo e quindi si commette una “distrazione”.

Come si può evitare questo?

Sviluppando un senso critico che ci permetta di “pensare in sicurezza“.

E come si ottiene?

Con l’allenamento: allenando la nostra mente ad analizzare sempre le situazioni in modo rigoroso, a cogliere i segnali presenti immaginando i possibili scenari di rischio con lo scopo di prevenire l’insorgenza di eventi negativi.

Con l’esperienza: poiché dagli errori commessi di solito si impara.

Fortunatamente questo mio errore di valutazione del rischio non ha portato a conseguenze gravi, ma questa esperienza ancora una volta insegna che prevenire i rischi è possibile e che adottare comportamenti sicuri conviene sempre e comunque.

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