It’s just a working life

di Stefano Pancari

Sono giorni convulsi e di grande riflessione. Per molti di noi il pensiero del lavoro è rivolto a quale fine faranno, visto che l’Azienda dove lavorano è sull’orlo della chiusura. Il pensiero va sì al depauperato potere d’acquisto perché le scadenze incombono come un cielo plumbeo che romba come i tuoni di Thundestruck degli AC/DC, ma c’è un altro aspetto per cui i nostri malumori rendono amara la nostra giornata. Al netto di ferie e permessi, mediamente il 60% delle nostre giornate in un anno sono vissute al lavoro. Se facciamo il nostro lavoro con passione, quando ripercorreremo i nostri momenti migliori avremo uno splendido videoclip, magari con un’epica canzone come Last standing man di Bruce Springsteen.  In questo brano dell’ultimo album Letter to you The Boss racconta degli anni andati della sua prima esperienza musicale con The Castiles. Mi piace pensare che ciascuno di noi abbia ricordi del proprio lavoro fatti di sorrisi, successi e di unione nei momenti difficili. Questo vale per chi ha la fortuna di lavorare in un ambiente dove l’Organizzazione si prende cura delle persone, in cui si dimostra un sincero interesse alla salute e alla sicurezza di ciascun membro e si agisce di conseguenza.

Ben diverso lo scenario del lavoro raccontato sempre da The Boss nel 1978 in Factory, brano dell’album Darkness on the Edge of town. Racconta, con gli occhi di un ragazzino, di una fabbrica che si fa sentire già al risveglio in casa con il suono delle sirene che arriva fino alle finestre. Suo padre prende il pranzo ed esce di casa fino ad attraversare i cancelli di quella fabbrica che gli dà la vita, ma in cambio si prende il suo udito. Come uno zombie quell’uomo esce da quelle porte la sera con la morte negli occhi e ravvede il ragazzo (probabilmente il giovane Bruce appunto) dicendogli “farai meglio a crederci ragazzo, qualcuno si farà male stanotte”. Cosa resterà nei ricordi di un uomo di un lavoro del genere? Che sia una fabbrica o un ufficio come vogliamo che viva una persona il lavoro che gli offriamo?

Quello a cui ambisco è che le persone scelgano un lavoro per il quale sanno che potranno fare la differenza, quel lavoro che ti fa sorridere quando ti svegli la mattina e fa uscire il meglio di te. Non dipende solo dal lavoratore, la gran parte di questa mentalità potrà essere creata dall’Azienda con una dedizione totale alla cultura aziendale. Il primo impegno lo dobbiamo profondere nel costruire il giusto mindset del board aziendale e strategicamente diffonderlo a tutti i livelli.

Chissà se Bruce Springsteen è quel che è anche grazie alla fotografia del padre e del suo lavoro in fabbrica. L’uscita dell’ultimo album è stata accompagnata da un documentario sulla realizzazione dell’ultimo sforzo con la sua E-Street Band (guardalo, ti sentirai arricchito oltre a far un gran regalo al tuo udito). Più che un boss, nelle riprese fatte nel suo studio nel New Jersey, quello che vediamo è un leader in un gruppo di pari. The Boss è il boss, non si discute, ma vederlo scherzare con Steve Van Zandt, così come ricordare con gli amici di una vita come Max Weinberg, ci fa pensare quanto sia fondamentale creare relazioni nell’ambiente di lavoro. Una band è un team di lavoro ed in Bruce Springsteen’s Letter to you vediamo un team di professionisti che rendono memorabili le loro quattro giornate di registrazione tra risate, momenti malinconici in memoria degli amici andati come The Big Man Clarence, ma anche e soprattutto tantissima professionalità e concentrazione.

Questo è il mondo del lavoro che sogno e dobbiamo impegnarci a divulgarlo con la stessa enfasi di Power of the prayer. Impegniamoci perché nella nostra Organizzazione ogni persona possa suonare il suo strumento nel miglior modo che conosca ovvero con tanta competenza tecnica, ma soprattutto con il cuore.

Il lavoro di ciascuno di noi potrà superare la pandemia o meno, ma quel che conta è che ci impegniamo ogni giorno a renderlo memorabile prendendoci cura l’un dell’altro. Non ci sono note più ammalianti di quando mettiamo in ballo tutta la nostra umanità.  In questo modo il videoclip della nostra storia farà impallidire anche il buon vecchio Bruce, perché anche noi abbiamo la nostra House of a thousand guitars.

CIAK! Si gira!

 

“We’ll go where the music never ends
From the stadiums to the small town bars
We’ll light up the house of a thousand guitars”

 

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1 commento

Francesco La Rosa 10 Novembre 2020 - 09:04

Le parole che usiamo spiegano molto.
Ai tempi del lavoro in fabbrica, gli operai venivano definiti ‘forza lavoro”, in analogia alla forza motrice. La ricchezza dell’azienda era altrove, nei macchinari, nei magazzini.
Nelle aziende più moderne, soprattutto (ma non soltanto) in quelle di servizi, si usa sempre più il termine”capitale umano”, a indicare che il valore dell’azienda sta proprio lì.
Non è una differenza da poco!

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