Finché non succede a te

di Giuseppe Laregina
Finché non succede a te

Il 28 febbraio del 2016, durante la cerimonia di consegna degli Oscar, Lady Gaga cantò la canzone “Till It Happens To You”.

Il brano, prodotto e scritto dalla stessa poliedrica artista assieme a Diane Warren per il documentario “The Hunting Ground”, è un’opera realizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle violenze sessuali che avvengono all’interno dei campus universitari statunitensi.

Durante l’esibizione la cantante invitò a salire con sé sul palco 50 vittime di stupro. Uomini e donne che avevano l’obiettivo di portare all’attenzione dei mezzi di comunicazione il tema della violenza sessuale.

Il testo invita ognuno di noi a riflettere sul come ci si sente quando qualcosa di estremamente doloroso ci riguarda in prima persona. Diane Warren ha raccontato che la canzone può essere messa in correlazione anche ad altri aspetti della vita da parte di chi lo ascolta:

“Potrebbe essere una rottura, la morte di qualcuno, qualcosa che si è perduto e qualcuno che ti dice che andrà tutto bene, mentre tu senti che stai morendo dentro”.

Mi dici che andrà meglio, che andrà meglio col tempo

Mi dici di rimettermi in sesto, di darmi un contegno, che starò bene

Ma dimmi, tu cosa diavolo ne sai? Cosa ne sai?

Dimmi, come potresti saperlo? Come potresti saperlo?

 

Finché non succede a te non sai come ci si sente, come ci si sente

Finché non succede a te non lo saprai, non sarà reale

No, non sarà reale non saprai come ci si sente

 

Mi dici “Tieni la testa alta. Tieni la testa alta e sii forte

Perché quando cadi devi rialzarti Devi rialzarti e andare avanti”

Ma dimmi, come diavolo fai a parlare? Come fai a parlare?

Perché finché cammini fin dove ho camminato io, non è affatto uno scherzo

 

Questo invito ad immedesimarsi nella condizione di chi subisce un atto di violenza brutale come la violenza sessuale è un qualcosa che fa molta fatica a farsi largo nel dibattito pubblico italiano, e questo aspetto aggiunge violenza a violenza, portando sempre più a ridursi il concetto stesso di sicurezza non solo fisica, ma anche psicologica delle persone coinvolte.

Il “Victim Blaming” è una delle prime reazioni cui assistiamo, classica risposta di una società fortemente ancorata al concetto di patriarcato. Il tutto dimenticando che nel 2013 abbiamo sottoscritto la Convenzione di Istanbul, impegnandoci a rimuovere ogni elemento che potesse condurre alla vittimizzazione secondaria delle donne. La Convenzione, così come la Direttiva Vittime della UE del 2012, all’articolo 18 vietano la vittimizzazione secondaria a tutte le istituzioni e in tutti gli ambiti.

In buona sostanza è vietato accusare la vittima di essere responsabile del reato che denuncia.

Lo afferma anche Paola Di Nicola Travaglini:

La violenza sessuale è l’unico delitto che, in tutto il mondo, ha come principale sospettata la vittima.”.

E lo ha sottolineato Dacia Maraini:

Non capisco perché se denuncio di essere stata rapinata, nessuno mette in dubbio che sia vero e nessuno pensa che io abbia avuto piacere nel subire una rapina. Invece nello stupro bisogna dimostrare che non si è stati consenzienti. Questa è una cosa gravissima”.

I dati di una ricerca ISTAT effettuata nel periodo pre Covid illustrano la situazione del nostro Paese ed invitano tutti noi a fare una profonda riflessione. Dobbiamo riuscire a guardare alla realtà non con i nostri occhi, ma, alla luce dei numeri, con gli occhi di quello che vivono le donne.

Secondo i dati di ISTAT:

  • Si stima che siano 8 milioni 816mila (43,6%) le donne fra i 14 e i 65 anni che nel corso della vita hanno subito qualche forma di molestia sessuale.
  • Per la prima volta sono rilevate le molestie a sfondo sessuale anche ai danni degli uomini: si stima che 3 milioni 754mila uomini le abbiano subite nel corso della loro vita (18,8%).
  • Gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% dei casi con vittime donne e per l’85% di quelli con vittime uomini. Nella stragrande maggioranza dei casi, a prescindere dalla vittima, il molestatore quindi risulta essere un uomo.
  • Complessivamente le donne sono le autrici delle molestie ai danni di altre donne nel 6,1% dei casi e nel 23,7% di quelle subite dagli uomini. Le donne si rendono responsabili di molestie? Si. Ma siamo in presenza di una esigua minoranza di casi. Quindi attenzione a non cadere nella buca del “Si, però anche le donne …”.
  • La percezione della gravità delle molestie fisiche subite è molto diversa tra i generi: il 76,4% delle donne le considera molto o abbastanza gravi contro il 47,2% degli uomini.
  • Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul luogo di lavoro si stima che, nel corso della vita, 1 milione 173mila donne (7,5%) ne sono state vittima per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni nella carriera.
  • Nell’11,3% dei casi le donne vittime hanno subito più ricatti dalla stessa persona e il 32,4% dei ricatti viene ripetuto quotidianamente o più volte alla settimana. Un terzo delle donne molestate vede più volte alla settimana messa a repentaglio la loro sicurezza. Riusciamo a comprendere il come ci si possa sentire in queste situazioni?
  • Se una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con alcuno sul posto di lavoro. Solo il 15,8% di coloro che subiscono ricatti nel corso della vita ha raccontato la sua esperienza e ne ha parlato soprattutto con i colleghi (8,2%), molto meno con il datore di lavoro (4,1%), con i dirigenti o l’amministrazione del posto di lavoro (3,3%) o con i sindacati (1,0%). Quasi nessuna ha fatto denuncia alle Forze dell’Ordine.

Stando ai dati elaborati dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale ed Eurispes nel 2022, rispetto al 2021, le violenze sessuali sono aumentate del 10,9%.

Ai dati ISTAT possiamo aggiungere le parole di Irene Facheris, esperta di parità di genere ed autrice del libro “Parità in pillole”, secondo cui “Le molestie avvengono da parte di chi è in posizione di potere – sociale, economico, relazionale – e questa posizione è spesso ricoperta dall’uomo.”.

Se vogliamo costruire delle soluzioni efficaci occorre comprendere che siamo in presenza di un fenomeno di natura culturale che deve essere affrontato imparando a dialogare e, come ci dice Irene Facheris, a combattere le piccole e grandi ingiustizie quotidiane. Serve costruire un fronte comune tra uomini e donne che sviluppi queste riflessioni:

  • Abbiamo bisogno di imparare a ragionare attorno ai comportamenti se vogliamo affrontare la questione costruendo un ponte chiamato dialogo.
  • Abbiamo bisogno di discussioni costruttive se vogliamo fare un passo avanti tutti assieme.
  • Abbiamo bisogno del dialogo tra uomini e donne.
  • Abbiamo bisogno di uomini e donne capaci di unire i loro sforzi per rendere la Nostra Società un luogo più sicuro.

Occorre affrontare questo tema con la massima attenzione e delicatezza, proviamo ad immedesimarci in chi ha subito una violenza e prima di qualsiasi commento lasciamoci guidare dalle parole di un proverbio appreso durante il mio periodo ad Istanbul:

Impara a camminare sulla neve senza lasciare impronte”, perché

Finché non succede a te

Non saprai come ci si sente

 

Fonti:

https://www.netflixmovies.com/the-hunting-ground-2015

https://www.istat.it/it/archivio/209107

La criminalità: tra realtà e percezione. Risultati del Rapporto realizzato da Direzione Centrale della Polizia Criminale ed Eurispes

https://www.illibraio.it/libri/facheris-irene-parita-in-pillole-impara-a-combattere-le-piccole-e-grandi-discriminazioni-quotidiane-9788817144469/

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