Safety dance

di Marco Chelo
safety dance

Ammettiamolo, la nostra attenzione viene catturata soprattutto quando la sicurezza è raccontata con una comunicazione differente, anche divertente.

Quanti di noi restano attenti al briefing pre volo prima di un decollo oppure mentre Hostess e/o Steward ci mostrano le uscite di emergenza e come raggiungerle, cerchiamo la posizione giusta dello schienale o il giornale nella tasca davanti?

Prima di rispondere a questa domanda voglio raccontarVi quanto mi è successo poche settimane fa, ossia quando mi sono ritrovato sulla pagina Linkedln di Alaska Airlines dove viene condiviso un video con sottofondo una canzone dalla chiara sonorità inizi anni ’80, quelle canzoni riempipista per intenderci dove il sintetizzatore la fa da padrone. Mentre le note del sinth girano in loop creando un’armonia fresca capace di riportarmi alle discoteche di quegli anni, una voce inizia uno spelling e le lettere cominciano ad apparire sullo schermo.

…S…A…F..E..T…Y… sino a comporre la parola SAFETY.

Il risultato è fantastico, 1 minuto di briefing pre volo, dove i protagonisti, ossia i dipendenti della stessa compagnia aerea, lanciano un messaggio sulla sicurezza e su come affrontare questo periodo per essere pronti in primavera ed in estate a ricominciare, non dimenticandosi di utilizzare la mascherina.

Non conoscevo la canzone, ma incuriosito come non mai inizio a fare qualche ricerca e grazie agli intramontabili YouTube e Wikipedia scopro che nel 1977, tre fratelli di adozione canadese – Ivan, Stefan e Colin Doroshuk – insieme ad altri membri formano la band punk “Men Without Hats”.

L’utilizzo del sintetizzatore e la ricerca di sonorità elettroniche, li porta nel 1982 a “Safety Dance“.

Come potete ben immaginare a questo punto attratto dal titolo, ho voluto leggere e tradurre il testo di questa canzone che si professa il ballo della sicurezza restandone alla fine affascinato. Innanzitutto i tre fratelli Doroshuk decidono per loro stessa ammissione di chiamare la sinthband in questa maniera per seguire il principio dello “stile prima del comfort”. Certo non indossare il cappello nei freddi rigidi inverni canadesi può sembrare una scelta non intelligente, ma il messaggio va oltre.

È l’elettropunk, ossia qualcuno che decide di lasciare la propria zona confortevole in maniera ribelle per andare verso l’ignoto contro tutti sapendo che prima o poi sarà seguito.

 

‘Cause your friends don’t dance and if they  don’t dance, well, they’re no friends of mine

And we can act like we come from out of this world

and surprise ‘em with the victory cry

if we don’t, nobody will

they’re doing it from pole to pole

Everybody look at your hands, everybody’s taking the chance

Perché se i tuoi amici non ballano, loro non sono amici miei/possiamo comportarci come se non fossimo di questo mondo/e sorprenderli con il pianto della vittoria/ se non lo facciamo noi nessuno lo farà/ ora lo stanno facendo in tutto il mondo/ tutti osservano le tue mani, tutti ci stanno provando.

 

Straordinario non trovate? Ma ancor di più il fatto che una canzone di giovani ragazzi canadesi raggiungerà la mitica Top Ten in alcuni paesi, restandoci per settimane.

Il cambio avviene come ce lo insegnano gli allora giovani fratelli Doroshuk, nati nel mito dei Genesis e Pink Floyd degli anni ’70, capaci di trasformare il punk, un qualcosa di nicchia, in qualcosa di tremendamente pop e capace di essere ascoltato e percepito da tutti, come il briefing pre volo di Alaska Airlines prima di un decollo, che ci ricorda quanto la sicurezza sia fondamentale per arrivare ad un futuro migliore, rapendo la nostra attenzione. Lo schienale ed il giornale possono attendere…

WE CAN DANCE.

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