L’uomo oltre il campione

di Paolo Zambianchi
L'uomo oltre il campione

“Si è alzata una nube di terra, che rende difficile vedere la monoposto al centro della pista.

Una rapida mossa e la evito sterzando sulla destra, ma di colpo mi trovo qualcuno in mezzo alla polvere.

Faccio appena in tempo a vedere che c’è ed evitarlo. Lo schivo per poco. Non ho il tempo per capire chi sia.

Ho soltanto visto che non è un commissario di gara. Sembra un pilota. Mi è persino sembrato di vedere la bandiera del mio paese sul suo casco. Sembra impossibile che sia lui ma poi dallo specchietto noto che, ferma sulla destra, c’è la monoposto di Ayrton.

Allora era lui. Ma la sua monoposto sembra integra. Perché si trovava in mezzo alla pista? Per poco non lo investivo!

Per quale diamine di motivo ha rischiato la sua vita se lui, con quell’incidente, non c’entra niente?”

Questo dialogo interiore me lo sono inventato di sana pianta, immaginando ciò che Mauricio Gugelmin deve aver pensato e provato, quel venerdì 28 agosto 1992, quando davvero rischiò di investire Ayrton Senna, che correva in mezzo alla pista diretto verso la monoposto di Erik Comas che, da solo, si era appena scontrato con le barriere a oltre 300 km orari.

Già perché il dialogo interiore è inventato, ma il resto no: è tutto vero.

Senna ha davvero parcheggiato velocemente la sua monoposto sulla destra del tracciato, è sceso in tutta fretta e di corsa, in mezzo a una nube di terra, rischiando la vita, è corso verso Erik Comas che si trovava al centro della pista, nella sua monoposto distrutta, privo di sensi.

Senna ha visto le bandiere gialle e ha frenato nella curva prima, per poi vedere la situazione e capire subito che era grave. Lui era ben consapevole che quella curva normalmente la si affronta fortissimo e che se sbatti, lo fai duramente. Lui era inoltre ben consapevole che giacere privo di sensi (ha notato la testa appoggiata in avanti e di lato) in un’auto accelerata al massimo (ha sentito il rumore e intuito che il piede di Comas stesse ancora premendo sull’acceleratore) che continua a riscaldarsi col rischio di prendere fuoco come spesso avvenuto in passato, il tutto in mezzo a una pista, dopo una curva cieca, col rischio di essere centrato da qualcuno, fosse un grandissimo pericolo.

Questa valutazione dei rischi, che ho scritto in almeno 2 minuti, Senna l’ha compiuta in 2 secondi: il tempo che è intercorso tra vedere la situazione e fermare la sua auto per scendere e correre verso l’auto di Comas e interrompere il flusso del carburante. Manovra che, ulteriore valutazione del rischio, non sarebbe stato in grado di compiere nessun commissario di gara. Solo un pilota avrebbe potuto farlo. Solo uno come lui. Come uno come lui era colui che giaceva, in pericolo, dentro la monoposto al centro della pista.

Questo è il ragionamento e la valutazione che ha fatto Senna.

Questa può essere la risposta alla domanda: perché lo ha fatto. Una domanda che qualcuno sicuramente si è fatto. Ma altri no, quella domanda non se la sono fatta perché per loro la risposta, ancora più semplice, era semplicemente questa: perché Ayrton Senna era una vera Safety Rockstar.

Qualcuno che ha il coraggio di intervenire, rischiando la propria vita per salvare qualcun altro.

Intervenire perché si ha la formazione per farlo: nessun commissario avrebbe saputo interrompere il flusso della benzina e mantenere il capo di Comas nella posizione migliore possibile in attesa dei medici.

Intervenire perché si ha la leadership per farlo: tutti riconoscevano in lui un leader non perché vinceva le gare ma perché con il suo esempio pratico, mostrava a tutti la strada, prendendosi cura degli altri.

Intervenire perché si percepisce che è la cosa giusta da fare, perché se è in pericolo un essere umano come me, coi miei stessi valori e con la mia stessa dignità, poco importa domandarsi perché farlo, basta farlo!

È una storia poco conosciuta, quella che lega Ayrton Senna a Erik Comas che, per il gioco maldestro del destino, fu anche l’unico pilota ad assistere Ayrton dopo l’incidente a Imola, due anni dopo, non potendo però, nel suo caso, ricambiare il favore, salvandogli la vita.

È una storia che è bello conoscere e raccontare, che rende merito a quello che è stato prima di tutto un grande uomo e poi un grande campione.

E allora raccontatela, grazie a questo articolo o anche, se preferite, grazie ad alcuni articoli e al video che vi suggerisco qui sotto.

Fatelo per rendere merito ad Ayrton e al suo essere una vera, autentica, fantastica SAFETY ROCKSTAR!

Articolo scritto dalla moglie di Comas a questo link.
Articoli che raccontano gli avvenimenti:
Nella nostra rubrica “Il live delle safety rockstar” puoi vedere la video intervista a Paolo Zambianchi a questo link!

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