La sicurezza mettila in quel (pre)posto

di Stefano Pancari
La sicurezza mettila in quel (pre)posto

La sicurezza sul lavoro è una patata bollente da passare al primo malcapitato?

Ricordo quando uscì il Testo Unico per la Sicurezza, che oggi di Unico ha ben poco, e mi trovai su Scherzi a parte in un’Azienda.

Si trattava di un’impresa specializzata nella costruzione di distributori di carburante che si appoggiava alle mie consulenze. Visto che era uscito da poco il famigerato Decreto 81 e che, tra le novità assolute, rafforzava il ruolo del preposto con l’articolo 19 nuovo di zecca, suggerii una struttura organizzativa più attenta al datore di lavoro.

Gioco facile perché due geometri, il cui ruolo era quello di andare nei cantieri dell’impresa per definire il programma dei lavori e gestire eventuali condizioni particolari, erano inequivocabilmente dei preposti.

“Mario arriverà il carrabile con il materiale da scaricare”, “mi raccomando il raccordo della trincea è da ultimare per oggi pomeriggio”, “prenditi due ragazzi in più per liberare quell’area” e disposizioni del genere.

Per me era ovvio che svolgessero già il ruolo di preposto, ma non per i sindacati che mi convocarono in azienda. La sostanza era che i preposti non volevano fare i preposti e la cosa mi fece alquanto ridere perché è come se un progettista non volesse firmare i propri progetti per non assumersene la responsabilità. Dopo un tira e molla fantozziano venne fuori, in separata sede che, se avessi interceduto con il datore di lavoro per rivedere l’inquadramento contrattuale dei due malcapitati, forse avrebbero accettato la sentenza. Con il senno di poi, vista la recente modifica dell’articolo 18 che parla di accordi nella contrattazione nazionale per i preposti, i precursori erano i sindacati.

Fatto sta che per me, allora come oggi, la sicurezza è un bene collettivo e dei contratti non importa un fico secco, mestiere di altri.

Dopo quasi quindici anni siamo ancora a disquisire sul ruolo del preposto. Se vuoi sapere come la penso, il preposto è una delle figure più importanti della gestione della sicurezza. Se da un lato datore di lavoro e manager sono lì che dovrebbero (magari) definire le strategie per aumentare gli standard di sicurezza, il preposto o la preposta sono quelle persone che sentono l’odore dell’olio lubrificante, lo stridere della sega circolare e il bip bip del carrello elevatore in retromarcia.

Chi meglio di loro può rendere concreta la procedura di sicurezza o avvertire comportamenti potenzialmente dannosi per le persone?

Fin qui tutto bene, ma poi c’è il dark side of the moon a richiamare la mia attenzione. Ancora non mi è mai capitato di conoscere in azienda una persona che, per mansione, è in reparto con il solo compito di supervisionare il lavoro altrui e intervenire all’occorrenza. Il preposto è, per mia esperienza, un operativo che sta alla macchina con i colleghi. Non mi stupisce più di tanto perché, per una PMI, pagare uno stipendio equivale ad avere benefici a livello produttivo. Non mi stupisce perché nella gran parte dei casi produzione = “fare”, mentre tutti gli aspetti relativi alla buona gestione e al non far accadere le cose, sono tutte fregnacce di cui parlano i teorici del lavoro.

Se io fossi un preposto che sta fresando dei pezzi di minuteria metallica, come vivrei questo tipo di responsabilità?

Già, perché il docente al corso è stato sì palloso, ma ricordo anche bene che, per il fatto di avere il ruolo di preposto, rischio anche di andare in galera. Se ho gli occhi sul mio lavoro, come faccio ad accorgermi che Giuliano non ha il guanto oppure che Anna sta versando il solvente sbagliato?

E se quella arrotondatrice fa un rumore strano da settimane perché devo correre io il rischio di ingaggiare un avvocato in caso di infortunio se gliel’ho già detto in tutte le salse al datore di lavoro? Ogni volta mi liquida con un “non ti preoccupare, ora ci penso io, ma la macchina non fermarla”? “Ora” in quale lingua equivale a settimane?

Bel dilemma che pare non porsi chi fa le leggi e chi definisce gli organigrammi aziendali e neppure quei bei fusti di auditor armati di check list. Ecco che, anche la più nobile etica sulla cultura della sicurezza, va a farsi friggere perché mi hanno detto che per un fantomatico articolo 299 non posso nemmeno rifiutare quel ruolo o, almeno, per farlo dovrebbero mettermi in portineria o, comunque, spostarmi di reparto. D’altronde, mi dicono, sei te il leader e il leader è chi di fatto è guida di un gruppo, il preposto viene implicitamente eletto dal gruppo e quindi non si può imporre.

Insomma, sai cosa ti dico?

Questa storia del preposto, se viene gestita in questo modo, trasforma la sicurezza sul lavoro da questione valoriale in un “prenderla in quel (pre)posto”.

 

 

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