Take my hand

di Marco Chelo
take my hand

È straordinario come una canzone possa essere un incredibile strumento comunicativo, grazie soprattutto a chi la interpreta.

Una storia di crescita umana da cui discende, e ci viene donato, un messaggio importante.

Una di queste è senza ombra di dubbio quella di Dido, all’anagrafe Florian Cloud de Bounevialle O’Malley Armstrong, inglese di Londra, cresciuta a pianoforte e violino ed ascoltando musica classica.

Il fratello Rowland Constantine (detto Rollo), riesce a influenzarla musicalmente e a portarla, dopo una serie di esperienze in altre band, come seconda vocalist nel suo gruppo trip hop/trance, i Faithless. Di qui ha inizio la sua carriera che la porterà ad autoprodurre i propri dischi in solitaria, contaminata da molteplici generi.

Nel 1995 inizia a scrivere alcune demo che vengono riunite in una raccolta intitolata “Odds & Ends”. Tra di esse vi è “Take my hand”, inclusa successivamente come bonus track in “No angel”, il suo primo album del 1999.

Una canzone in cui la sua voce, tra le più belle dell’intero panorama discografico, inizia con uno stato d’animo cupo, quasi malinconico, di riflessione interna, e si mescola insieme ad uno sviluppo di archi e di chitarra creando un’armonia sempre più incalzante sino ad esplodere come una pentola a pressione man mano che l’ascoltiamo.

Amo molto questa canzone nella sua totalità e mi permette di fare alcune riflessioni di carattere sociale, professionale e privato.

La storia musicale di Dido innanzitutto rappresenta in pieno quanto sia importante allontanarsi dalla propria comfort zone attraverso quella contaminazione positiva che le permette di esplorare luoghi sconosciuti, di scrivere e raccontarci con la sua meravigliosa voce un esempio di motivazione e fiducia.

Lascia la musica classica, senza abbandonarla, ma si avvicina ad altre esperienze accogliendo i consigli fraterni.

Lasciarsi guidare per aprirsi a nuove esperienze, che ci arricchiscono dentro migliorando la nostra visione e trasmettendola a chi ci ascolta attraverso quell’empatia linfa vitale nella comunicazione, quanto può essere importante tutto questo nella vita come nella comunicazione della sicurezza sul lavoro?

Lasciatevi rapire da questo brano che, riascoltandolo, riesce ancora oggi ad aprire i mei ricordi come quando mi allenavo per la maratona.

L’ultima traccia che ascoltavo al termine della corsa domenicale, quella del c.d.”lungo”, una salita finale di 2 km per arrivare alla discesa, la parte finale di una sessione dura, faticosa, dove spesso le gambe non riuscivano più ad andare una davanti all’altra. Era la testa che mi riportava a casa attraverso la voce di Dido capace di farmi fare ciò che il corpo non mi permetteva, di accompagnarmi per mano, terminando quegli ultimi maledetti km e godere di quanto fatto proprio in cima a quella salita prima di scendere.

Contaminarsi per riuscire a trasmettere messaggi importanti verso chi ci ascolta, attraverso quella fiducia e motivazione capaci di farci superare le salite della vita.

Allontanarsi dalla propria comfort zone è questo in fondo per me, solo così sapremo prendere per mano le persone e portarle verso una cultura Safety nel lavoro e soprattutto nella società.

Take my hand and show me where we’re going
Lie down next to me, look into my eyes and tell me, oh tell me what you’re seeing
So sit on top of the world and tell me how you’re feeling
What you feel now is what I feel for you

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Prendi la mia mano e dimmi dove stiamo andando
Sdraiati vicino a me
Guardami negli occhi e dimmi
Dimmi cosa vedi
Dunque siediti in cima al mondo e dimmi come ti senti
Quello che senti adesso è quello che io sento per te

Fonte delle notizie su Dido: Wikipedia.

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