Quel che non ti uccide, ti stressa

di Allegra Guardi

L’uomo moderno è costituito dal 20% di carne e dall’80% di stress.

Tutti sono stressati. Chi lavora è stressato per il lavoro, chi non lavora è stressato per l’assenza di lavoro (ma soprattutto di stipendio), chi ha figli è stressato dai figli, chi non li ha è stressato da chi ritiene che dovrebbe averli, chi è giovane è stressato dai drammi adolescenziali e chi è “grande” è stressato dalle complessità della vita. Perfino gli animali domestici soffrono di stress e sappiate che esistono pure ricerche al riguardo: l’università di Helsinki, in Finlandia, ha messo in ballo nientemeno che dei genetisti canini per analizzare il fenomeno!

“Alcune persone sono così abituate a vivere lo stress che non ricordano come era la vita senza di esso”. Lo disse l‘americano Andrew Bernstein. In altre parole è molto più facile incontrare una donna senza trucco che una persona senza stress.

Che poi intendiamoci: preso a piccole dosi lo stress fa anche bene. Ti trasmette giusto quella piccola scarica di elettricità che ti dà lo slancio. Il problema è quando la carica è eccessiva che ti si frigge il cervello.

Secondo gli studi (stavolta parlo di studi sugli umani, non di quelli sui cani finlandesi), fra le principali conseguenze dello stress si contano:

  • aumento di irritabilità
  • aumento di affaticamento
  • aumento di errori commessi
  • diminuzione della concentrazione
  • diminuzione della memoria
  • diminuzione della motivazione

Insomma: tutto quello che succede a una donna a inizio ciclo, ma allargato all’intera popolazione e in tutti i giorni del mese. Se non ci siamo già estinti, è un miracolo.

Ora, quando si parla di diminuzione della concentrazione e aumento di errori è assai facile comprendere il rischio che elevati livelli di stress comporta in determinati ambiti lavorativi, dove il tipo di attività svolte è per sua natura più pericoloso (basta pensare a chi lavora vicino a macchinari in azione oppure a chi guida camion o pullman, persone che per distrazione possono farsi – o fare ad altri – molto male). Ma stavolta voglio concentrarmi sugli altri aspetti della sicurezza sul lavoro, quelli diciamo così più “interiori”. Perché la salute delle persone non è solo “non ammalarsi” e “non farsi male”, ma è anche salute mentale.

Quante volte sentiamo dire frasi come “il mio capo mi sta facendo uscire di testa”, “ho un collega esasperante” oppure “passo il tempo a rincorrere le scadenze e non faccio mai pari”? Quanti “non ne posso più” vengono pronunciati? E quante cose potevano essere fatte prima di quei “non ne posso più”, che invece sono state trascurate? Cura nell’organizzazione del lavoro, nella gestione delle relazioni, nella modalità di comunicazione… giusto per dirne alcune.

Lo stress è un rischio non meno pericoloso degli altri contemplati dalla normativa sulla sicurezza. Inoltre è fra i più subdoli. Non si manifesta tutto insieme. Aumenta nel tempo, si alimenta e autoalimenta e intanto che cresce si fa posto dentro di noi togliendo qualcosa: sonno, autostima, amore per il proprio lavoro, voglia di fare, creatività, energie… Pezzi di noi mozzati via un po’ per volta senza alcun referto medico a testimoniarne l’amputazione, eccetto forse nei casi più estremi.

Chi ha il desiderio o la pretesa di tutelare la salute sul lavoro non può esimersi dal lottare per ridurre quanto più possibile la pressione dello stress sulle persone. Sarebbe come salire sul palco con l’idea di tenere il miglior concerto di sempre e mettersi a suonare una chitarra con una corda rotta. Puoi insistere quanto vuoi sulle altre corde, ma se non ripari quella rotta non produrrai mai la melodia della sicurezza di una vera Safety Rockstar!

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1 commento

Stefano Pancari 16 Ottobre 2020 - 21:35

Ben detto Allegra!

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