Ebony and ivory

di Paolo Zambianchi
Ebony-and-ivory

Raul sorride mentre percorre le scale che lo conducono fuori dal museo dedicato a Beethoven. Sorride perché le sue scarpe nere, su quel marmo bianco, gli ricordano quella canzone che gli cantava sempre suo nonno Josè: “Ebony and ivory live together in perfect harmony (ebano e avorio convivono insieme in perfetta armonia)”.

Nonno Josè era fissato con Stevie Wonder e gli faceva ascoltare tutti i suoi più grandi successi. “Se non erro questa la cantava con un bianco” pensa tra sé e sé. “Boh chi se lo ricorda”, si dice mentre svolta l’angolo diretto verso il dormitorio del campus. Ironico che lui abbia scelto proprio l’università di San Josè per laurearsi in musica. O forse è un tributo a suo nonno, che ha fatto senza nemmeno volerlo.

Passa accanto alla libreria dedicata a Martin Luther King e l’ombra offerta dagli edifici lascia spazio al sole.

È una giornata calda, l’ennesima di questo Ottobre, che sembra proprio non voler lasciare spazio all’autunno. Nel parco del campus ci sono però già alcune foglie cadute e mischiati alle foglie dei coriandoli. Sembra quasi che sia stata una festa o qualcosa del genere. Ah sì, giusto, Raul aveva letto qualcosa a proposito di un anniversario che ricorre in quei giorni.

Paul Mc Cartney, era uno dei Beatles, se non sbaglio. Ecco chi era il bianco che cantava quella canzone con Stevie Wonder. Come fare a non ricordarselo, eppure ne aveva fatte di cose quel Mc Cartney. Capita, anche se lui pensa: non dovrebbe capitare a me che studio musica.

I coriandoli a terra si fanno via via più intensi man mano che Raul si avvicina alla statua al centro del parco. “Ah già, l’anniversario è a proposito della protesta nera che si svolse alle Olimpiadi del 68, nell’ottobre di quell’anno” ricorda Raul. Erano anni complicati. Quello stesso anno avevano ammazzato Bob Kennedy e, poco prima, anche Martin Luther King.

Si volta Raul a riguardare la biblioteca a lui intitolata. Pensa che sia giusto intitolare una biblioteca a un uomo così. Come pensa che sia giusto aver eretto quella statua per quei due atleti di colore che decisero di protestare sul podio dei 200 metri, nonostante sapessero che gli sarebbe costata cara quella protesta.

Come si chiamavano? In un attimo Raul si rende conto che ha sempre visto quella statua ma non l’ha mai guardata. Si avvicina, per leggere i nomi dei due protagonisti di quella incredibile vicenda: Tommie Smith e John Carlos. Ai loro piedi, scalzi, ci sono le scarpe da ginnastica nere, identiche alle sue. Entrambi hanno un braccio alzato, con un guanto nero col pugno chiuso. “Già, il simbolo delle pantere nere”, Raul ricorda che di questo movimento gli aveva parlato suo nonno. Sul petto una grande spilla. Entrambi guardano in basso e sembrano guardare lui.

Per un attimo Raul ha un flash di memoria. Ricorda di sfuggita una foto o un filmato di quel momento, sicuramente mostratogli da suo nonno. Per la prima volta si rende conto che sebbene il podio ospiti 3 atleti, in questo caso sono due. Solo 2 atleti che guardano in basso, che guardano lui o che forse guardano una targa, che si trova sul podio vuoto, sul podio dedicato a chi arriva secondo. Già perché Tommie Smith (detto il jet) arrivò primo, come previsto, mentre John Carlos arrivò solo terzo, beffato da un atleta che si mise in mezzo a loro.

“Side by side on my piano keyboard, oh Lord, why don’t we? (fianco a fianco sulla tastiera del mio piano, oh Dio, perché noi no?)” prosegue la canzone, nella mente di Raul.

Chi era? Forse c’è scritto su quella targa posta sul secondo gradino del podio.

“Il compagno atleta Peter Norman stava in piedi qui in segno di solidarietà. Prendi posizione anche tu qui”

Raul toglie le sue scarpe nere, le mette accanto alla targa e sale quel gradino per poi fermarsi a contemplare il parco da lì.

Le persone passano e lo guardano stranite, quasi giudicandolo. Cosa ci fa un ragazzo sopra una statua. Un anziana signora scuote la testa come a dire che non dovrebbe salire su una statua, che non si fa. Poi nota un poliziotto e si avvicina per parlare con lui, indicando Raul.

Lui a questo punto vorrebbe scendere ma qualcosa lo trattiene dal farlo. Il poliziotto si avvia verso di lui. Vorrebbe scappare per evitare qualche guaio, ma non ha nemmeno le scarpe. Il poliziotto ormai è a pochi metri da lui e gli chiede “ehi lo sai cosa stai facendo?”.

Raul non sa cosa rispondere, prova a pensare a qualche giustificazione ma non la trova.

“Stai affermando che bianchi e neri possono vivere in armonia” lo apostrofa il poliziotto.

“Ebony, ivory, living in perfect harmony (ebano, avorio, vivendo in perfetta armonia)!”

“Credo di sì, credo sia questo ciò che sto facendo qui sopra” replica Raul, alzando il mento e tirandosi più dritto con la schiena.

“Bravo, e affermalo con fierezza, come stai facendo! L’atleta che era al tuo posto sul vero podio ha subito terribili conseguenze per aver preso parte alla protesta. È stato emarginato, è morto quasi povero e senza che il suo stato, l’Australia, ne riconoscesse mai il valore come uomo e come sportivo. Ha dovuto ritirarsi dallo sport dopo quelle olimpiadi, nonostante fosse soprannominato “la speranza bianca”. E tu cosa ci fai qui all’università, ragazzo? Qual è la tua speranza?”

“La mia speranza è quella di diventare un musicista e magari, grazie alla mia musica, contribuire a divulgare i giusti valori, come quello dell’uguaglianza tra bianchi e neri o tra americani e messicani”.

“Sei messicano, ragazzo?”

“Sì, e sono fiero di esserlo”

“Bravo, questo devi fare. E mi raccomando, se avrai mai dei dubbi, ricordati di questo podio e di Peter Norman, che nonostante tutto, nonostante quanto gli costò il suo gesto, morì dicendo che la cosa più importante, la migliore scelta che prese, fu quella di prendere parte alla protesta”.

“Lo farò, grazie”

“Oh, non ringraziare me, ma Peter. E ricorda se puoi far conoscere a tante persone la sua storia, perché non debba essere più un eroe dimenticato”.

La storia di Peter Norman non è solo molto affascinante. Credo possa insegnarci molto come Safety Rockstar. Gli ideali di Salute e Sicurezza che ci muovono sono dei valori che a volte è difficile far passare, che a volte è difficile sostenere. Ma se Peter Norman è riuscito a sostenere ciò che ha sostenuto, credo che possiamo farlo anche noi, restando in piedi, col mento alto e la schiena dritta.

Se non conosceste la storia eccovi un articolo abbastanza completo.

Se invece volete scoprire ancora di più sulla storia di Peter Norman eccovi il link al Trailer del film “IL SALUTO” realizzato da suo nipote Matt Norman.

SCORRI LA PAGINA E LASCIA UN COMMENTO

Potrebbe interessarti

Lascia un commento