Colleghi fino a pagina 2

di Diego Cigolini
Colleghi fino a pagina 2

Non è un bel titolo quello di questo articolo, ma non ho trovato altre parole  per esprimermi diversamente dopo aver letto qualche giorno fa un post su facebook.

Ho fatto una breve ricerca sul web per assicurarmi che quanto letto sul social corrispondesse alla realtà; purtroppo il fatto è successo realmente e di seguito riporto il testo integrale.

Ciao, io ero Andrea, sono morto il 20 giugno del 2006 a 23 anni, perché il titolare dello stabilimento aveva deciso di togliere le fotocellule di sicurezza alla mia pressa, che mi ha schiacciato la testa. Sono morto per 900 euro al mese ed alla mia mamma, l’inail ha dato meno di duemila euro, per le spese “funerarie”, come prevede la legge. Nessuno ha pagato per la mia morte, perché LA MAGGIOR PARTE DEI MIEI COLLEGHI, si è voltata dall’altra parte e la mia mamma si è ritrovata da sola, a chiedere giustizia, isolata dalla legge, isolata da un sindacato complice, isolata da tutti. Ciao, io ero Andrea e volevo suonare la tromba.”

Sono passati anni da questo incidente, ma purtroppo, ancora oggi, una delle cause di infortuni sul lavoro è la manomissione dei sistemi di sicurezza. Bisogna ridurre i tempi! La macchina non si deve fermare! In questo caso però, come in molti altri casi, si è fermata una vita e la macchina continua a produrre…

Andrea è morto, la sua famiglia ha subito una perdita indelebile. Come si sentiranno i suoi “colleghi” che hanno deciso di voltargli la faccia restando in silenzio?

“Colleghi” che per due anni hanno condiviso con Andrea parte della loro giornata: mangiando insieme, ridendo insieme, discutendo insieme e LAVORANDO INSIEME!

Non posso credere che la coscienza di queste persone possa farli vivere in tranquillità e senza alcun rimorso, ma se così fosse?

Sono cresciuto in un ambiente di lavoro dove, prima di cominciare le attività lavorative, si stava tutti seduti su due panchine di legno ed i più “anziani” ci raccontavano le loro storie di vita. Sono dei ricordi che porterò sempre nel cuore, perché rafforzavano quei legami fondamentali che si traducevano in collaborazione a tutti gli effetti durante la giornata lavorativa, al termine della quale si andava a dare da mangiare agli animali della fattoria aziendale per continuare, insieme, quello scambio di vita iniziato sulle panchine di legno.

Oggi, purtroppo, non è così.

Testa china sullo smartphone.

Silenzio.

Chiusura.

 

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