Magazzino, ore 7:40. Caffè in mano, inizia il solito giro del mattino. La solita confusione tra muletti, transpallet, corrieri in arrivo e bancali da sistemare.
Giornata normale, finché il mio sguardo si ferma su qualcosa che tanto normale non è. Davide, uno dei facchini dell’area ricezione merce, sta sistemando dei colli manualmente perché il transpallet non entra nella zona d’ingresso. Lo riconosco subito, anche se sta un po’ piegaton e riconosco subito anche cosa ha ai piedi: delle NIKE bianche.
— «Oh Davide… e le scarpe da lavoro?»
Lui si gira e con un’espressione innocente.
— «Eh capo… le ho bagnate ieri, sono ancora umide. E oggi sto solo qui davanti, mica vado in reparto.»
Faccio un respiro lungo perché questa frase, o una sua variante, la sento almeno una volta a settimana.
— «Davide… sai quanti si sono spaccati un piede proprio mentre ‘stavano solo davanti’? Non serve che ti caschi un container. Basta una scatola pesante, o un transpallet che ti tocca di striscio. Le antinfortunistiche non sono un’opzione. Sono un requisito.»
Lui prova a sorridere.
— «Oh ma dai, mica mi casca il mondo sui piedi!»
Alzo un sopracciglio. Il solito tentativo di sdrammatizzare. Peccato che gli incidenti non abbiano il senso dell’umorismo.
— «Ti ricordi Marco? Quello che si è beccato il bancale scivolato giù dal secondo ripiano? Due dita rotte. Aveva le scarpe? No. Anche lui ‘stava lì solo un attimo’. Adesso ha una cartella clinica e tre mesi di fermo.»
Davide abbassa lo sguardo. Poi lancia un’occhiata alle sue scarpe bianche come se si fosse appena accorto di quanto stonano lì dentro.
— «Va bene, va bene, va bene…»
Si allontana con passo lento, borbottando qualcosa tipo “che rottura”, ma alla fine cambia scarpe.
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