“Somewhere in her smile she knows / That I don’t need no other lover” (Something, George Harrison, 1969)
C’è uno sguardo che non ha bisogno di parole. Uno sguardo che comprende e rassicura. In questa frase di Harrison, la comunicazione è tutta nello scambio silenzioso tra due persone che si conoscono a fondo. Talvolta non serve spiegare.
È un momento di chiarezza emotiva, quella che nei contesti organizzativi potremmo chiamare presenza autentica: quando il non verbale dice “possiamo fidarci l’uno dell’altro”. Essere presenti autenticamente significa non essere in pilota automatico. È la base del clima di sicurezza, fatto di relazioni, di percezioni condivise, di segnali sottili ma potenti.
Nei luoghi di lavoro dove il clima è buono, gli sguardi sono aperti. Ci si osserva non per controllare, ma per prendersi cura. Ci si intende anche senza parlare: un gesto, un’espressione, un piccolo cenno bastano per far capire che qualcosa non va. La sicurezza, in questi ambienti, nasce anche da qui.
Composta da George Harrison e pubblicata nell’album Abbey Road, Something rappresenta la sua affermazione come autore all’interno dei Beatles. La canzone è stata inizialmente ispirata dal brano di James Taylor Something in the Way She Moves.
È diventata una delle canzoni più amate dei Beatles, lodata anche da Frank Sinatra come “la più grande canzone d’amore degli ultimi cinquant’anni”.
“Lying with his eyes while his hands are busy / Working overtime” (Happiness Is a Warm Gun, John Lennon, 1968)
Ma ci sono anche sguardi che mentono. Lennon ci presenta un personaggio stanco, forse alienato: lavora senza sosta, le mani occupate a fare straordinari, mentre gli occhi dicono tutt’altro. Non c’è più coerenza tra ciò che si fa e ciò che si comunica.
Happiness Is a Warm Gun è un brano complesso e frammentato, quasi un collage sonoro e simbolico. Inclusa nel White Album, Happiness Is a Warm Gun è una composizione articolata, caratterizzata da cambi di tempo e stile. Il titolo proviene da un articolo della rivista American Rifleman, che Lennon trovò ironico e inquietante.
La canzone è un collage di tre sezioni distinte, riflettendo probabilmente l’influenza della relazione nascente con Yoko Ono e un periodo di intensa sperimentazione. Il brano è stato apprezzato per la sua struttura innovativa e la collaborazione tra i membri della band durante la sua registrazione.
Ma in quella frase sugli straordinari e lo sguardo che mente si intravede qualcosa di più vicino alla realtà lavorativa: una persona che continua a fare, ma che ha smesso di comunicare davvero. E questo, nei contesti lavorativi, è uno dei segni di un clima deteriorato.
Questo è un altro volto del clima di sicurezza: quello che si respira nei luoghi dove si lavora troppo, si parla poco, e talvolta si mente con lo sguardo. Dove nessuno osa dire che è stanco, dove lo stress è diventato normale, o forse una cosa della quale vantarsi. Il volto dell’adattamento passivo, del “tirare avanti” anche quando qualcosa non va.
Nel linguaggio della sicurezza, questo si può tradurre in mancata segnalazione di situazioni a rischio o di episodi significativi, in sottovalutazione degli errori, in assenza di fiducia reciproca.
Due canzoni, due climi
Something | Happiness Is a Warm Gun |
Il non verbale comprende, rassicura | Il non verbale mente, nasconde |
Fiducia implicita, clima empatico | Alienazione, stress, distanza relazionale |
La sicurezza si costruisce insieme | La sicurezza si svuota di senso |
Something e Happiness Is a Warm Gun non parlano direttamente di lavoro, ma ci raccontano qualcosa di profondo sulla condizione umana: la connessione e la disconnessione. La presenza e l’assenza. La comprensione reciproca e l’estraneità. In un caso, un sorriso crea fiducia; nell’altro, lo sguardo la nega.
Questo vale anche nei luoghi di lavoro: il clima di sicurezza si costruisce così, giorno per giorno, anche attraverso segnali non verbali.
In ambienti dove ci si sente visti e compresi, segnalare un rischio è naturale. Dove invece regna la sfiducia, diventa più difficile.
Uno sguardo attento è già prevenzione
Nei contesti organizzativi, la sicurezza non si gioca solo sulle procedure, ma anche sulla qualità delle relazioni. E queste relazioni passano spesso per canali silenziosi, non verbali: uno sguardo, un’espressione del volto, una pausa ascoltata con attenzione. In ambienti in cui ci si guarda con autenticità, segnalare un rischio non è un atto coraggioso: è naturale. È parte di una fiducia costruita giorno per giorno, fatta di micro-segnali e di piccoli gesti.
Essere presenti con lo sguardo significa riconoscere l’altro, validarne l’esperienza. È una forma di comunicazione primaria che precede la parola, e che può rafforzare – o minare – il clima di sicurezza.
La differenza tra i due climi evocati da Something e Happiness Is a Warm Gun sta tutta qui: nel sentirsi visti oppure ignorati. Compresi oppure lasciati soli.
Per contribuire a un buon clima di sicurezza:
- coltiva momenti di confronto informale, anche brevi;
- riconosci le emozioni, non solo i comportamenti più evidenti;
- ascolta con tutti i sensi, non solo con l’udito;
- valorizza chi segnala, anche se il problema sembra piccolo;
- abituati a osservare, senza giudicare: lo sguardo può diventare un atto per prendersi cura.
La sicurezza si costruisce anche con lo sguardo. Perché spesso, prima di ogni parola, è nello sguardo che si accende – o si spegne – la fiducia.
Visita l’intera rubrica Careful with that axe, Eugene!
Iscriviti alla community di rns per ricevere contenuti esclusivi e inviti speciali ai nostri eventi!