Radioattività tra musica e rischio: dai Kraftwerk alle buone prassi per la sicurezza

di Carlo Bisio
Radioattività tra musica e rischio: dai Kraftwerk alle buone prassi per la sicurezza

Un battito sintetico. Un codice Morse. E una parola inquietante: Radioattività. 

Nel 1975 i Kraftwerk lanciavano “Radioactivity” (“Radioaktivität” nella versione tedesca). Il pezzo, nella sua versione originale, giocava sull’ambiguità tra le onde radio – quelle che portano musica e messaggi – e la fissione nucleare, un’energia all’epoca vista da molti come promessa di progresso illimitato. “Radioactivity, is in the air for you and me”, cantavano, un verso che racchiude una verità fondamentale: una parte della radioattività presente nell’ambiente deriva da fenomeni naturali, come il gas radon che risale dal suolo, i raggi cosmici che penetrano dall’atmosfera e gli elementi radioattivi presenti in rocce e materiali da costruzione. Il tono era neutro, quasi infantile nella sua semplicità, con frasi ricorrenti come “Radioactivity”, “discovered by Madame Curie”, “Tune in to the melody”.

La musica, minimalista e fredda, con pattern ripetitivi, richiamava una trasmissione meccanica e impersonale. 

Il genio dei Kraftwerk non si limitava solo al sound, ma anche al messaggio. La canzone, multilingue e con l’inclusione di frasi in alfabeto Morse che scandiscono “Radioactivity”, rappresentava già negli anni ’70 un messaggio rivolto a un contesto internazionale. Prima dei grandi disastri nucleari, il brano poteva essere interpretato anche come una celebrazione della tecnologia e del progresso, pur con un tono inquietante.  Era un invito alla consapevolezza, un sussurro che anticipava l’urlo dei disastri a venire. E i Kraftwerk, in modo lungimirante, lo avevamo anticipato. Mentre l’edizione originale del 1975 lasciava ancora spazio a una visione più ambivalente dell’energia atomica, nelle versioni successive dal 1991 in poi il testo è stato aggiornato, menzionando diversi disastri nucleari nel frattempo accaduti, rievocando immagini di devastazione e contaminazione su vasta scala, simboli di come la storia avesse presentato il conto di una radioattività non ben gestita, trasformando la promessa di progresso in un incubo. La modifica del testo mostra come la band abbia metabolizzato lentamente gli eventi catastrofici che hanno segnato la storia del nucleare, trasformando il brano in un’esplicita denuncia dei pericoli legati a un progresso incontrollato. 

La canzone si spegne, ma il ronzio resta. Invisibile, inodore, silenzioso: il rischio non è finzione musicale, è realtà quotidiana. 

Dalle Catastrofi Silenziose al Rischio Quotidiano 

Questi disastri ci ricordano brutalmente l’importanza di una gestione impeccabile dei rischi quando si ha a che fare con la radioattività. 

Il rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti, incluse quelle prodotte da sorgenti radioattive o da apparecchiature come i generatori di raggi X, è ben presente in diversi contesti lavorativi. Pensiamo agli operatori sanitari che utilizzano attrezzature per radiografie, TAC o terapie oncologiche; oppure ai tecnici nei laboratori di ricerca che maneggiano isotopi radioattivi, o a chi lavora nella produzione di radiofarmaci, o ai lavoratori in impianti industriali che impiegano sorgenti radioattive per controlli non distruttivi o per altri fini. 

L’impiego dell’energia nucleare, in tutte le sue forme, richiede una cultura della sicurezza robusta e pervasiva. 

Gestire l’Invisibile: Buone Prassi per un Futuro Più Sicuro 

Come si gestisce un rischio che non si vede, non si sente e non si tocca? La risposta è nella prevenzione, nella formazione e in una cultura della sicurezza che non lasci spazio all’improvvisazione. 

Innanzitutto, la giustificazione dell’esposizione: ogni esposizione alla radioattività deve essere giustificata. Ciò significa che i benefici derivanti dall’utilizzo di una sorgente radioattiva devono superare i rischi. Questo principio è fondamentale sia per le grandi installazioni che per l’utilizzo di apparecchiature radiologiche in un ambulatorio medico. 

Poi, l’ottimizzazione: anche quando l’esposizione è giustificata, deve essere mantenuta al livello più basso ragionevolmente raggiungibile (il celebre principio ALARA: As Low As Reasonably Achievable). Questo si traduce in pratiche come la limitazione del tempo di esposizione, l’aumento della distanza dalla sorgente e l’utilizzo di schermature adeguate. 

Infine, la limitazione della dose: esistono limiti di dose ben definiti per i lavoratori esposti. I lavoratori esposti sono suddivisi in categorie in base al livello potenziale di esposizione, e devono essere sottoposti a sorveglianza radiologica o sanitaria secondo le buone prassi di radioprotezione. Monitorare regolarmente l’esposizione individuale tramite dosimetri è cruciale per garantire che questi limiti non vengano superati e che la salute sia tutelata nel lungo termine. 

Come i lavoratori esposti possono contribuire alla gestione del rischio? Principalmente attraverso: 

  • Rispetto delle procedure: seguire scrupolosamente le istruzioni operative e i protocolli di radioprotezione. 
  • Uso corretto dei DPI: indossare sempre i dispositivi di protezione individuale previsti, come camici piombati, guanti o schermature mobili. 
  • Monitoraggio personale: utilizzare e controllare regolarmente i dosimetri personali, segnalando eventuali anomalie. 
  • Segnalazione dei rischi: comunicare tempestivamente condizioni anomale, guasti o esposizioni accidentali al responsabile della sicurezza. 
  • Formazione continua: partecipare attivamente ai corsi di aggiornamento e mantenere viva la consapevolezza del rischio. 

La musica dei Kraftwerk ci ha dato la colonna sonora per riflettere su un tema così complesso e vitale. Il brano mette in scena il paradosso dell’era moderna: l’energia che salva (medicina, energia elettrica) è anche quella che può distruggere (dai disastri industriali agli usi militari). 

La radioattività, per quanto invisibile e temibile, è gestibile. Con le giuste precauzioni, la formazione adeguata e una profonda cultura della sicurezza, possiamo convivere con essa e sfruttarne i benefici, senza che la sua eco silenziosa si trasformi in un urlo di pericolo. 

 

 

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