È martedì mattina. La sala riunioni è piena per il corso di aggiornamento sulla sicurezza. Le sedie formano un ferro di cavallo intorno a me.
E come ogni volta c’è qualcuno che pensa di averla “già vista tutta”.
È il caso di Marco.
È seduto in ultima fila, con le braccia conserte e non prende nemmeno il block notes che distribuisco all’ingresso.
È come se volesse dirmi: “Parla pure quanto vuoi… tanto non sai come vanno le cose in questo stabilimento.”
Comincio, illustro le procedure, ricordo quanto una distrazione può costare.
È a questo punto che Marco sbotta:
— «È bello dalla tua sedia… Vieni tu ogni giorno in linea a correre come corriamo noi, a mantenere certi ritmi… e poi dimmelo se quelle procedure che spieghi sono realistiche.»
Mi fermo. Chiudo le slide per un momento. È importante che Marco veda che lo ascolto.
— «È vero, Marco. Io non sono in linea ogni giorno come voi. Non vivo le scadenze, le rotture, le chiamate all’ultimo. Per questo è importante che me le diciate voi le difficoltà.
Perché la formazione non dovrebbe essere una predica… dovrebbe aiutarci a trovare una strada per fare le cose in modo più sicuro senza ostacolare il vostro lavoro. Quindi dimmele tu, dove vedi i problemi?»
È in quel momento che Marco sembra per la prima in tutta la lezione preso in contropiede. Non replica con sfida, ma:
— «È che… a volte sembra che le regole le faccia uno che non ha mai messo piede in reparto. Come se non sapesse quanto è stretta la tabella di marcia, quanto poco tempo abbiamo per ogni attività»
— «È proprio questo che voglio che tu me lo dica. Perché se non lo so, non posso fare altro che ripeterti le stesse regole ogni anno. Vorrei che questo corso servisse anche a voi per dire la vostra. È l’unico modo per trovare delle soluzioni che siano realistiche e che non vi espongano a pericoli.»
È in quel momento che Marco si scioglie, e per la prima volta inizia a collaborare.
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